Quando si dice che sia tardi, o che sia presto, di solito si parte da presupposti o da parametri che non sempre rispondono a una reale dimensione temporale. A volte si pensa che sia tardi per un strategia, e non perché ci si senta davvero stanchi e distrutti, o perché, nel caso si tratti di un evento temporale che attraversi un momento specifico del giorno, vi sia un effettivo ritardo. La distanza con il nostro tempo in diversi casi non combacia a come la mostriamo o la vogliamo esporre all'altro con il quale ci stiamo relando. Con tre persone diverse, incontrate nello stesso punto in un determinato momento, avremo tre dimensioni temporali diverse e non proveremo la stessa ansia di tardare o di stancarci. In alcuni incontri il nostro tempo, o la sua eventuale o reale mancanza, ci verrà incontro per assisterci, a volte come portale di fuga, espediente, piccolo ingranaggio per liberarci da un'incombenza. In altri casi invece diventerà l'ostacolo, l'elemento che vorremmo ignorare perché in fondo il presente che stiamo vivendo è più importante della destinazione verso cui rischieremmo di tardare, anche in questo caso in modo naturale o fittizio. Anche al telefono, è lo stesso. Siamo distribuiti in molteplici universi temporali e cangianti, quante sono le persone e le profonde dinamiche che ci legano a loro. E così le nostre parole, quelle dette e quelle solo pensate, taciute o trattenute, la nostra capacità di concentrarci o di fare altro e in alcuni casi guardare l'ora o la tele, mentre l'altro ci sta parlando e non ci vede.
Quando si dice che è tardi e si è soli, a volte vi sarà sempre qualche fantasma verso il quale direzionarci o dal quale sfuggire. In fondo il rapporto con il nostro tempo avrà sempre un piccolo filtro bruciante, non sarà mai troppo puro e terso come dovrebbe. Esisterà sempre un accidenti in chiave, un piccolo e perfido diesis, che continuerà ad alterarci e a confondere a tutti i costi la nostra tonalità di partenza, la nostra prima traiettoria.
l.s.
0 commenti:
Posta un commento