"Alzai il viso, oltre i palazzi. Gli odori delle cene, il tonfo di un furgone grasso di giornali notturni. Quel cielo aveva uno smalto azzurro notte, mai visto così denso. Non ricordavo una tinta nel buio che staccasse così forte, o forse non l'avevo mai notata e i colori di uno che non scrive e che sa che non deve farlo non perché non può ma perché non lo ha mai fatto e non può nemmeno desiderarlo perché comunque, anche se risulta vergine come scrittore, le parole le ha lo stesso vissute.
Guardavo il cielo e camminavo da solo, e seguendo l'orgoglio di quella tinta intensa che staccava senza mai stancare, mi accorsi che se fossi stato un pittore, sarei corso a trovare da qualche parte quello stesso contrasto, di luce nell'acqua del buio, e avrei dipinto tele con la stessa tenuta cromatica o direttamente le pareti, il pavimento, la mia bocca, il mio corpo. Avrei mangiato quel colore, avrei condito pasta, insalate, riempito panini e avvelenandomi sarei finito dentro quello strano buco di luce protettiva e notturna. Per sempre nell'azzurro della notte".
Estratto da "L'azzurro della notte", di Luigi Salerno
1 commenti:
"Avrei mangiato quel colore"... che assordante intensita' nella tua descrizione
la sento cosi' intensa da rimanere ubriachi da quell'azzurro...
... e tu sai quanto "sento" quel colore!
Bellissimo!
Stefania
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