giovedì 17 giugno 2010

La lettura del manoscritto

"Che stai leggendo?".
"Lo scritto di uno, non ricordo neanche il nome. È arrivato il mese scorso. L'ho cominciato in  metro".
"Come suona?".
"Non lo so ancora, è tutto così strano. Come al solito".
"Che vuol dire tutto strano, spiegati!".
"Non so, è fuori dalle mie abitudini, ecco".
"E il fatto che sia fuori dalle tue abitudini, ti basta a definirlo strano?".
"Che domande! Certo, per le mie abitudini di lettura è strano. Che c'è di male?".
"Che c'è di strano, forse!".
"Ma che hai oggi? Hai voglia di provocarmi?".
"Non ho niente. Mi è stato solo detto di  controllare il tuo operato, tutto qui".
"Che cosa? Stai facendo sul serio?".
"Dicono che avresti fatto qualche cazzata, almeno con un paio di testi buoni, che ti saresti lasciato scivolare. Non dirmi che non ne sei al corrente".
"Cazzo, ma che diavolo è questa storia? Adesso devo essere anche controllato? Quando una cosa non mi piace io la cestino e basta. Anche se è buona. E poi quando non piace subito a me, non può essere tanto buona".
"Ti  sembra un atteggiamento corretto? Lo dico nei confronti di chi si fa il culo su di un manoscritto, e anche di tutto il nostro gruppo, della nostra reputazione".
"Guarda che il culo me lo faccio anche io sui manoscritti, cosa credi! E poi al fatto che abbiano pubblicato quei due testi, nemmeno ci credo. Se sarà successo è perché gli avranno stravolti di editing, e allora a quel punto è semplice. Tutto può riprendere a brillare, non capisco che senso abbia".
"E un editore, secondo te, che diavolo dovrebbe fare? Raccogliere opere già pronte per la stampa, o soltanto quelle lì che incontrano i suoi gusti?".
"Ma che ti prende oggi? Con chi pensi di parlare, guarda che io ci lavoro da una vita con i manoscritti, e so riconoscere la lana dalla seta".
"Contento tu, intanto non mi hai mai detto che cosa leggi, oltre ai manoscritti".
"Che cosa leggo? Soprattutto quelli. Da quando gli invii sono aumentati, non credo di avere spazio per altro".
"E prima, intendo prima di cominciare questa attività, cosa leggevi di più?".
"Ma, prima... insomma, non è che prima io avessi tutto quel tempo; comunque lavoravo nella libreria di mio zio. Forse la situazione era un tantino più elastica, ma una volta a casa non riuscivo più a vedere libri. O mi sparavo una cassetta o andavo a giocare a calcetto. Poi mi sono fidanzato, il tempo è diminuito".
"Ma, ci sarà stato un momento della tua vita in cui avrai letto qualcosa, qualcosa di vero".
"Che vuol dire qualcosa di vero? Perché i manoscritti non sono letteratura vera?".
"Potenzialmente sì. Anche se andrebbero setacciati, messi prima a posto e poi vedere se il seme resiste, se c'è. Ogni scrittore ha un seme, questo lo sai, vero? Tu lo sai scorgere il seme buono, immagino!".
"Sarà...Io a questa storia del seme non ci credo, e poi ho letto molto da ragazzo, diverse cose. Ci si forma in quella fase lì, il resto è mancia, e tu dovresti saperlo".
"Quindi, tu sei soddisfatto del tuo bagaglio?".
"Certo che ne sono soddisfatto, altrimenti non sarei qui. E poi che cosa credi, tu: che un uomo valga i libri che legge? Sarebbe troppo facile così. Potrei accanirmi su tutti i libri possibili, farmi scorrere le parole negli occhi, farlo con foga, con accanimento, e sentirmi una persona colta, acculturata, completa. Non pensi che sia troppo semplice? Anche un lettore di manoscritti avrà il suo buon seme, che una volta nel terreno farà i suoi germogli. E io mi sento in fiore, caro amico. Ho trovato la mia strada, mi dispiace per te".
"Non l'ho mai messo in dubbio questo, figurati. E poi non è stata una mia idea quella di controllarti, ma un ordine superiore. Non sono io quello con cui devi prendertela".
"Comunque mi stai rubando del tempo. E poi, a questa storia dei controlli di lettura, io non ci credo".
"Pensala come ti pare. Ma almeno quando lo finirai, sarai in grado di motivare la tua decisione, vero? In qualsiasi caso, naturalmente".
"Non sono tenuto a motivare un corno. Già è molto aver dedicato del tempo, tanto già lo so che questo non passa; è partito come uno strafatto, pare che si divertano a non farsi capire, è diventato un vizio. A volte pare che  lo fanno apposta, e allora io li frego e li faccio fuori. Che cosa vogliono dimostrare, di fare gli acrobati con le parole? E io con un tocco di un dito faccio crollare tutto e non ci sono più. Basta un soffio...".
"Quante pagine hai letto?".
"Circa...una quindicina. Perché?".
"E quante ne sono in tutto?".
"Vediamo, dovrebbero essere...quattrocentocinquantasei".
"E tu lo avresti già bocciato?".
"Ma tu non la vedi quanta roba ho qui sul tavolo? Tu pensi davvero che io riesca a leggere tutto? Tu leggi tutto?".
"C'è una sola piccola particolarità. Che questo dattiloscritto è...fasullo!".
"Che diavolo vuoi dire, fasullo? Ma a che gioco giochiamo", cominciando visibilmente a innervosirsi e a passarsi le pagine tra le dita, cercando dove fosse il trucco.
"Vuoi che ti dica la verità?".
Lo fissa, senza rispondergli ancora. Comincia a sudare.
"Quello che hai tra le mani, è un testo già pubblicato da tempo, che però abbiamo deciso di trascrivere di sana pianta e di tramutarlo in un semplice inedito. Un sistema semplice e raffinato, per mettere alla prova i più  pavoni e spavaldi del nostro gruppo. Per fare un po' di chiarezza intorno a noi. Niente di personale, credimi".
"Giura che stai scherzando. Non è possibile una cosa del genere".
"Adesso vedrai se non è possibile", estraendo un volume dalla sua borsa di pelle. Un romanzo, quello dal quale era stato scorporato il manoscritto fasullo.
Il romanzo era di un certo Thomas Mann e si chiamava: "L'eletto".
Glielo porge, con delicatezza.  
"Apri dalla prima pagina e controlla, avanti, non temere".
Gustavo non riesce a dirgli altro. Si immerge nella prima pagina, oscillando il capo dal testo del libro a quello dattiloscritto, sussurrando l'attacco del testo, una parola da un lato, la successiva dall'altro. Dove tutto corrispondeva, ogni parola, ogni frase, ogni paragrafo, fin dal primo rigo:
"Suonar di campane, tripudiar di campane supra urbem, sopra l'intera città, nell'aria tutta traboccante di suoni!".
"Lo puoi ripetere ancora quest'inizio? Un'altra volta, per cortesia. Più lentamente, e fermandoti al secondo rigo, come adesso, dove incontri il punto esclamativo. Non avere fretta, non le vedi le virgole? Le virgole sono come parole, senti quanto è limpido. Lo sai cosa vuol dire leggere, analizzare l'attacco di un testo? Devi essere sensibile. Più il testo è ispirato e più devi essere sensibile. È per questo che oggi è meglio scrivere dentro ai cessi pubblici, sulle pareti, se hai un briciolo di talento. Almeno hai la certezza che ti leggano per intero, almeno con interesse, e non come fai tu, professore. Avanti, dall'inzio, più lentamente, come ti ho detto. E lascia spazio tra le virgole. Voglio vedere il cielo dalle virgole. Le virgole vogliono il cielo, fammelo sentire questo spazio! Nello stomaco, lo voglio: in my gut!".
L'altro non riesce nemmeno a guardarlo, riprende a leggere da quel punto, quello dell'inzio. Poi arrivato al punto esclamativo si ferma, lo fissa, confuso.
"Uno strafatto, non è vero?".
"Tu non dirai niente a nessuno di quello che ti ho detto prima, non è vero? Noi due,  insomma, siamo amici, o per lo meno ci siamo sempre rispettati, ma dove diavolo vai adesso, avanti. Lasciami spiegare, a parte che lo avevo capito, cosa credi, ma...dannazione aspetta un minuto, così non è giusto, e poi hai lasciato il libro di Pan, di Thomas Pan, qui sul tavolo!",
Ma ormai era troppo tardi. Sentì solo una voce, dalle scale:
"Comincia con quello, leggilo per bene, e poi ne riparliamo, e poi si chiama Mann e non Pann".
"Scusami, che stupido, hai ragione: Thomas Man, è che lo avevo confuso con Peter Pan, accidenti a me".
Rimane da solo. Si accende una sigaretta, apre la finestra e lo vede allontanarsi, senza voltarsi indietro.
Fa un cerchio con il fumo, apre una mano, in segno di saluto e gli sorride. 
Poi lascia accesa la sigaretta, ma spegne il sorriso.
"Che razza di idiota!", e chiude gli occhi, tirando un'altra boccata.
"E poi chi mai sarebbe questo Man o Mann. A me non piace lo stesso. E basta. Il resto: mancia!", e la sigaretta  la lascia cadere giù, con lo scatto di due dita.
"Ma con quante enne si scrive, Man? Pan è con una, però!".
l.s.

1 commenti:

Anonimo ha detto...

La lettura del manoscritto
Spero di non capitare mai col mio manoscritto in quell'individuo...
mi rendo conto che sono appagata dallo scrivere per me, per condivisione...
il fatto di pubblicare ancora e' lontano... menomale...
Altrimenti... che ansia!
Simpatico e divertente il tuo racconto!
Dolce e amaro... come la vita di chi scrive!
Grazie ancora una volta per deliziarci!
Stefania
p.s. le tue parole meritano un paesaggio toscano...