Nell'esser semplici, nel vero buio di ogni attimo profondo, non sempre si acquisisce un linguaggio adeguato, che rifletta e che tacqua la dovuta limpidezza di quei momenti. Dovendo sentire la profondità della vita nella sua semplicità, non è detto che questo sentirla semplice corrisponda, scrivendovi dentro, a qualcosa del tipo: "Domani, se facesse freddo, quel freddo che davvero vorrei, scenderei per comperare del vino novello e anche una conserva di mele cotogne". Avverto in questo tratto di cronaca immediato, da taccuino fresco di viaggiatore, che percorre un tratto di strada dalla sua abitazione al primo Carrefour di zona, la bellezza ma anche la veggenza di alcune beatitudini e care profondità. Ma il linguaggio che mi assedia spesso recepisce dell'altro. Non sempre la semplicità del mio animo potrà esprimersi con quei tratti limpidi da taccuino, con quella freschezza o quella rassicurante linearità di un quaderno elementare. Forse per il timore di non farcela a completare il suo compito, la sua strana missione del comunicare a tutti i costi la tempesta della vita nel mistero delle parole. Quella di tacere quella cronaca ordinaria, rifinita, attraverso il diktat di un'identità parallela, che in un viaggio più oscuro ne attraversi e ne celebri un senso, forse.
mercoledì 1 novembre 2017
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