Proprio come questo libro, da cui condivido un estratto: "Emily L." di Marguerite Duras.
Un lavoro di una bellezza esemplare, limpido, poetico, tagliente. Pervaso da una linearità che si avverte ma che non si vede troppo, che è fatta di aria e non sa mai di peso. Non costringe il periodare, ma lo libera nella sua luce.
Ne condivido un minimo tratto, che basta comunque a testimoniarlo, da un suo frammento all'armonia e alla spaziosità del suo insieme:
– Essere uno scrittore significa non saperlo.
– No, non basta, ma si dice così spesso che ci dev'essere qualcosa di vero. Scrivere, è anche non sapere quello che si fa, essere incapaci di giudicarlo, sì, vi è certamente un po' di questo nello scrittore, un fulgore che acceca. E poi c'è anche il fatto che è un lavoro che richiede molto tempo, molta fatica, anche questo è affascinante. È una delle pochissime occupazioni ancora interessanti. E potremmo fermarci qui.
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