L'aria della costruzione di un discorso, mi risuona quasi sempre sismica. Dal cielo pesante, dalle tinte forti, sferzanti di lampeggi continui. Verso sera quel rosso pare attenuarsi e svilire nel temporalesco. Un costante gelo che spezza il braccio. Il braccio spezzato continua a costruire un discorso. Se non fosse spezzato quel braccio, non avrei mai un discorso integro, organico o quanto meno rappresentativo del mio sguardo, del mio orientamento naturale sulle cose.
Quando entro in un discorso, in un progetto, che rimane sempre un discorso aperto o suo frammento, avverto questo clima costante di presagio e di pericolo, che in fondo rimane la mia unica ricchezza; in diversi casi il bagliore di una mia identità, il mio unico calco, la mia essenza o stesura. Nella costruzione e dentro quest'impeto che si divincola nelle sue difficili atmosfere, riconosco il senso e la freschezza del viaggio. La sua parte più autentica e franca, quella che non sarà mai condizionata da un dissenso o da un assenso. Da una forma di ascolto raffinata e intensa, o dalla più totale – e così familiare – indifferenza. Il percorso profondo e tremendo della costruzione, semmai anche sofferta, di un certo discorso, è tutto quello che conta. L'inadeguatezza, la soddisfazione, le paure e le consolazioni improvvise, il disorientamento e l'improvvisa svolta verso casa, – che invece è solo la porta socchiusa verso un bosco stregato – in fondo sono la reale vita che mi accade, quella preziosa e indimenticabile di quei momenti. Tutto quello che ho e che mi racconta.
È anche per questo che l'aria sismica della costruzione di un discorso, nella quale mi adopero e mi spezzo le spalle e il braccio della mano che scrive, (combattendo con i suoi raggiri, i suoi stipiti ventilati, le sue trappole segrete), rimane il centro tonale del discorso, il suo unico cuore. La parte centrale e battente, quella del cantiere aperto, in fondo, l'epicentro di tutto il mio moto; attraverso ogni passo silenzioso e duro nei meandri di questa misteriosa costruzione aperta, dove in quel momento convoglia e si ripone tutto il mio sentito, come il mio empirismo d'ignoto.
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