Nel lavoro sull'immagine, continua il lavoro meticoloso sul segno. Quindi ancora un percorso oculato e semantico, fatto e sfatto di significati, di simboli e risonanze di questi simboli, di traiettorie, forme, direzioni.
Parola della figura nella luce o alla luce di qualcos'altro ancora, che vi si trovi in qualche modo riflessa, opacizzata e nascosta, come in un discorso a più voci. Così avviene nella costruzione di un nesso in uno scritto, nell'organizzazione di un paragrafo o dell'impianto di un plot, dove oltre a quello che succede e che si spiega in superfice – quindi il fatto, il suo tema o la sua semplice figura focale e conduttrice – vi si innesca sempre un qualcosa che all'apparenza non succede, una foce altrettanto importante quanto invisibile a occhio nudo, ma la cui frequenza e intensità permette a quello strato superiore e più esplicito di valorizzarsi e di esprimersi, di rimanere stabile nella sua nuova luce simultanea, grazie al basso continuo e ronzante di quel suo fantasma.
Quando allora decido di costruire qualcosa, qualsiasi piccolo affare creativo, anche molto semplice ed elementare, mi ritrovo sempre circondato da questi due affluenti tentatori e contrapposti: quello più rudimentale e ortodosso, ma comunque necessario allo sviluppo del tessuto primo, anche se più grezzo, e poi quello più ermetico e in costante controluce, dove si nasconde sempre l'ombra di un mistero e forse anche il senso più puro e profondo dell'altro, del suo più limpido telaio, intendo. A qualsiasi costo cercherò sempre di tenere vivo e intatto quel certo mistero iniziatico del contrasto, quindi preservando quella zona ambigua di controluce, come quella vitale e battente dell'intero processo creativo in atto. La speranza e la perseveranza che questo certo mistero rimanga vivo e insoluto, conterà molto di più della parte svelata e manifesta di quello scritto, anche solo di quel pugno di idee, di immagini, di possibili sensazioni, penso.
l.s.
l.s.
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