venerdì 12 settembre 2014

A quest'ora


Questo silenzio, perfetto, che distilla ciascun istante come grappa, non incalza e non retrocede. Non ha un tempo o una ragione d'essere, ma trattiene la stessa intensità di un ritratto. È intriso di un senso atavico e viscoso di un altro tempo; dalla palpebra tremante del medium, alla gonna corta e sporca di gelato, che scende di corsa dall'auto. Dell'ultimo autobus che imbuia d'angoscia il deposito: un quotidiano dimenticato sul sediolino, accanto al finestrino lasciato aperto; sfogliandosi nel vento le pagine, tra i necrologi e gli orari dei cinema, un numero di telefono in rosso è quasi tutto sbiadito e ancora suona e risuona, a vuoto, dall'interno di una casa.
Senza le parole, in una notte, ci si può sentire rimessi a nuovo, come un fondo di barca, riverniciato a puntino di quel colore mavì, dove ogni pensiero vi sragiona e si confonde, nel suo stato di vastità e di stanchezza. 
La strada è ancora buia e stregata. Il temporale ha lasciato lucide le piazze e ha cancellato i passi atroci di una fuga, – i coltelli neri dei tacchi alti ancora affondano nel fosco di un incrocio pericoloso, come spari di caccia. Quando gli amanti si disperdono, ogni portone ha nei vetri la sua forma oscillante e giallastra di lanterna, lume di nave in tempesta che brucia di fantasmi alle loro spalle. Dentro se stessi riecheggiano ancora gli ultimi schiocchi della festa, lo strappo dell'orchestrina scordata dell'albergo vicino, dove smuore l'ultima notte d'estate di una piccola colonia insonne...
I lampioni fulminati interrompono la cucitura rosa di un corso di provincia. Quanta pace strana nel camminarvi dentro, in quello spazio interrotto e ostinato che sembra non esserci più, ma che è forse l'unico ancora vivo, quanto arcano e lacerante, a quest'ora. 

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