Ho imparato a entrare in punta di piedi nelle vite degli altri, a chiedere permesso, a tenere la voce bassa, eppure ieri sera, mentre stavo lasciando la striscia blu dove avevo parcheggiato in grande anticipo, scendendo dall'auto con il bigliettino già pagato facendo segno al conducente dell'auto che aspettava che andassi via di poterglielo cedere, ho creato una sensazione di disagio se non di spavento. Non abbassava il finestrino, non aveva capito quali fossero le mie intenzioni, credo sia stato per questo motivo che non lo ha voluto, temeva fosse un pretesto per altro. Un gesto di gentilezza...mi ha fatto pensare, molto e mi ha fatto stare anche un po' male.
A quanto siamo diversi per ciascuno che ci incontra, che ci sente, che ci scrive, che ci vive.
Per ciascuno l'ombra di uno strangolatore, di un fidanzato delicatissimo, di un ragazzo di strada, di un farabutto.
Una sera tardi, era inverno, mi avventurai con un mio compagno di classe delle elementari, a saltare i muretti di una cupa solitaria e oscura, come dei gatti balzavamo di gioia senza una ragione, nelle tenebre, Chi mi avesse visto da lontano, mi avrebbe scambiato per un folletto di una fiaba dei Grimm...
e invece...è quello che vivo ogni attimo tra le pareti ombrate del mio tempo e del mio dire.
Occhi che mi guardano e mi cercano, come sulle scale di tanto tempo fa, una persona con gli occhi lucidi mi chiese un abbraccio, nella pioggia, che le ho negato: Luigi, mi stringi forte forte...e io non so perché rifutai.
Non so che cosa mi guida, in questa scorsa misteriosa di dolore e di sogno e di affetto sterminato verso ciascuna persona che incontro e che dipinge di azzurro la mia vita.
Un ragazzo così dolce, così tutte le donne di casa e anche tutte le amiche e gli amici di famiglia, un ragazzo così dolce...che ieri ha messo paura, solo per fare una cortesia.
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