I campanelli di un giorno di compleanno mi sono rimasti dentro, come soffi al cuore.
Intendo le scampanellate, quando è l'ora dei primi arrivati, di quelli che non vogliono perdere un solo istante di un giorno di festa, semmai sono anche gli ultimi ad andare via e ad assistere alle macerie di quello che è stato, di quello che sarebbe stato, di quasi tutto quello che dovrebbe essere stato e non è accaduto. Sono di solito proprio quegli ultimi ad andare via e anche gli stessi primi ad arrivare, che rievoco con maggiore nitore, nel tempo. Quelli che al compleanno nemmeno notavi, forse per il loro abbigliamento, che non era quello più ricercato, spesso anche i loro regali, erano sempre nell'ombra ma mi erano vicini, quando attendevo la scampanellata dei ritardatari più importanti e più illustri, quelli che aspettavo da tempo, con il cuore in gola, quelli per cui avevi organizzato il compleanno, acquistato luci, spostato sedie, tavoli, e che alla fine erano solo di passaggio, truccati da cinema per qualcosa di più importante di me che doveva accadere dopo, dopo o spesso anche durante il mio compleanno, che alla fine era solo un passaggio obbligato, un'intercapedine a luci basse, un parcheggio per provare l'impatto del rossetto – gli schiocchi delle labbra davanti allo specchio del mio bagno – e poi ricolmare la festa della loro assenza, un bacio sfuggente e via, sulle scale come ladri in fuga.
Ho sempre vissuto i compleanni con queste attese lancinanti e queste testimonianze di persone preziose e in fuga per qualcos'altro da me, che fosse più grande, più attraente, più invitante di me. Eppure non ho mai pensato male di quelle meteore, spesso in abitini corti, dagli occhi lunghi e tenebrosi, ma nel cuore mi sono rimasti tutti quelli che non aspettavo, quelli che non ritenevo importanti. Il fidanzato di una mia amica, ricordo ancora il suo sorriso, la sua timidezza e la sua gioia, quando lo portai nella stanza degli strumenti, per fargli sentire il suono, quello che semmai non aspettavo come tanti altri, che dopo qualche anno è andato a sfracellarsi con la macchina contro un camion, per una colpa non sua, sull'Ofantina, senza speranza.
Anche quel ricordo rimane dentro l'incanto dei campanelli che hanno suonato alle mie porte, e solo adesso mi accorgo, che anche se il loro suono sembrava diverso e particolare, in base a chi immaginavo ci fosse dall'altra parte, li porto tutti nel cuore, quei campanelli, allo stesso modo, come dei figli suoni, che sono partiti e che ogni tanto mi chiamano, o che ritornano, attraverso il bello che ancora incontro lungo la mia strada. In un giorno normale, che diventa un giorno di compleanno.
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