In questa notte, dove rantolano tuoni, a distanze varie, entro nel bianco intonso di questo post. Come in un campo di neve, un ingresso di servizio dove prendere sonno e distanza dal silenzio alto e selvatico di questa casa. O per ritrovarvi le mie parole perdute. La nostalgia della paura dei lampi e dei tuoni, svanita da tempo, ma forse non morta del tutto. Il pericolo di riuscire a scorgere i movimenti delle fate quando si pettinano, nell'ultima stanza, una volta spento l'ultimo lume. Rimane il piccolo schiocco dell'interruttore e i passi dei capelli lunghi nel buio, che mi lasciano féerico e sospeso. Nella notte.
Mi accorgo di quanto le parole e i pensieri siano vicini alla frammentarietà e alla magia di questo lungo istante di temporale, alla possibilità e al rischio dell'esporsi contro la nausea notturna dei cieli e della mia vita così oscura nel contrappunto. Al fascino visonario e violento di questo pugno nel vuoto, che mi lascia contromano e sveglio, nell'ultimo vagone della casa.
I tuoni continuano. Disordinati,
senza regole di tempo e di musica.
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