Il primo elemento che sorge fin dalle prime righe del Doppio Sogno di Schnitzler, è il fascino. Un fascino costante e avvolgente, che permea la scrittura, il suo sviluppo, le parti più sottili della storia di una patina nebbiosa, irreale, ma altrettanto toccante, incisiva.
Il romanzo è ambientato nella Vienna di fine Ottocento e si sviluppa nei meandri oscuri delle prospettive più segrete di un inconscio doppio, che emerge attraverso il sogno, confondendosi e diffondendosi nella vita reale di Fridolin e di Albertine, i due protagonisti della novella.
Al centro le ricerche e le intuizioni di Freud, con cui lo scrittore era in diretto contatto.
Il lavoro parte con una favola letta ad alta voce dalla loro bambina, prima di addormentarsi; proprio come se l'autore partisse dal fiabesco, dall'irreale e dal fantastico, per azionare il suo motore vorticoso e incessante, lasciandoci avvolgere dalle spire inquietanti delle oscurità della mente umana e dai suoi misteri.
Molto toccante l'atmosfera sospesa della Vienna di Schnitzler, velata dalla malinconia dell'ultima fase asburgica, nell'eleganza delle sue carrozze notturne, delle sue strade, dei suoi caffè.
Un gioiello puro.
Per ogni pagina, per ogni respiro, ho pensato e ho rivissuto i passaggi della trasposizione filmica di Kubrick, nella rilettura attenta e ispirata di Eyes Wide Shut, film che ho visto molto tempo prima di affrontare la lettura del libro e che rimane ancora da esplorare e da approfondire in ogni sua sequenza, così come l'opera letteraria sarebbe ancora da riprendere un giorno, pagina per pagina, come quelle più profonde e valide di uno scrittore.
l.s.
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