Il colloquio con le ombre
non si fa per telefono.
Sui nostri dialoghi muti non s'affaccia
'giraffa' o altoparlante.
Anche le parole però servono
quando non ci riguardano,
captate per errore di una centralinista
e rivolte a qualcuno
che non c'è,
che non sente.
Vennero da Vancouver una volta
a tarda notte
e attendevo Milano. Fui sorpreso
dapprima, poi sperai che continuasse
l'equivoco. Una voce dal Pacifico,
l'altra dalla laguna. E quella volta
parlarono due voci libere come non mai.
Poi non accadde nulla, assicurammo
l'intrusa del servizio che tutto era perfetto,
regolare e poteva continuare,
anzi doveva. Né sapemmo mai
su quali spalle poi gravasse il prezzo
di quel miracolo.
Ma non ne ricordai una parola.
Il fuso orario era diverso, l'altra
voce non c'era, non c'ero io per lei,
anche le lingue erano miste, un'olla
podrida di più gerghi, di bestemmie e di risa.
Ormai dopo tanti anni l'altra voce
non lo rammenta e forse mi crede morto.
Io credo che lo sia lei. Fu viva almeno un attimo
e non se n'è mai accorta.
Eugenio Montale da Satura
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