Credo che in linea generale sia sempre molto difficile fare bene qualcosa. Qualsiasi cosa. Anche qualcosa verso cui si è portati, rimane sempre difficile da fare molto bene. Nell' esaudire un proprio personale ideale di correttezza, di assetto, di rotondità.
Un racconto pulito, armonico, completo, è qualcosa di tremendamente complesso. Anche se breve, io direi soprattutto se breve. Non conta scrivere tanto. Conta scrivere molto bene. E scrivere molto bene trovo che sia tra le cose più difficili e complesse al mondo, proprio perché alla portata di un bene o forse di un male all'apparenza potabile, che si può toccare con una certa facilità, all'inizio, molto più di una partitura di Brahms per pianoforte o di un testo di fisica quantistica. Quando leggo non cerco la quantità ma la bellezza. La bellezza non l'ho mai cercata nei grandi numeri ma nelle sensazioni profonde organizzate tra le parole, nei concetti, nei suoni, nei silenzi che sono avvinghiati a quei suoni, alle loro insondabili circostanze. Cercare di dilatare all'infinito un processo di scrittura, sperando di trovarvi qualcosa di prezioso, solo per le probabilità statistiche che in un lungo flusso le percentuali di riuscita aumentino, credo che possa essere una trappola o comunque una primissima zona di approccio al rapporto fisico con il getto fiume della bozza uno. La zona più selvatica, quella che più avanti va educata e disciplinata in un certo modo, ciascuno con le sue regole, le sue abitudini, i suoi sistemi.
Un racconto è una forma di vita. È qualcosa che si forma con una sua componente creaturale, che di solito ha già un suo determinato carattere, fin dai primi palpiti. Mi piace immaginarlo già con un suo firmamento, se non già una sua parte astrale in perenne combustione. La condensazione di un certo messaggio psichico in uno spazio ristretto si avvicina di molto al processo poetico, alla difficile economia di versificazione. La precisione della parola, l'attenzione nella scelta del singolo vocabolo, della sua forza intrinseca più che estetica, oltre alla sua compostezza, non deve rispettare unicamente un certo assetto o coerenza formale, ma partecipare attivamente alla costituzione di un organismo vitale e mutante, che si strutturi e si dilati nel pieno delle sue funzioni, a volte anche mostruose, e cercando di sintonizzarsi con i suoi apparati ad altri costrutti sensibili riceventi, che daranno un senso e una direzione al suo articolarsi, al suo essere in vita, in un duplice messaggio creativo e simultaneo, dove scrittore e lettore si fondono in una misteriosa terza alchemica attività.
La strada per concentrare un messaggio definito, intenso, ben congegnato in uno spazio delimitato, può richiedere la stessa maestria esercitata nella costruzione di un romanzo, così come anche una sola quartina di un sonetto può risultare più difficile e onerosa della buona scrittura di un intero film. Credo che la sfida del raccontare con poco, in uno spazio più o meno volontariamente limitato, richieda una grande sensibilità, oltre che una buona tecnica. Diffido dei sistemi assoluti e delle chiavi magiche e segrete per concentrare al meglio una narrazione in un definito numero di caratteri. La brevità della narrazione è in primo luogo una condizione dello spirito. Il tempo è lo spasmo di un racconto, quindi parte orgasmica del suo profondo, della sua anima quanto del suo tenebroso destino. Una lotta stremata con il suo infinito. Solo chi conosce il seme della storia, chi la patisce fin dal suo primo elemento vitale e nucleico, potrà avvertire, sperimentando, sbagliando, correggendo, distruggendo, ricominciando, il suo modulo necessario per organizzare al meglio il suo plesso nello spazio che la storia gli e si concede.
Un racconto breve è un sistema, che deve in qualche modo costituirsi e armonizzarsi in una sua perfezione relativa e lasciare una sua particolare risonanza oltre le sue coordinate. Rimanere in qualche modo indimenticabile, anche per pochi secondi. La difficoltà, quindi, non la trovo tanto nella costituzione o confezione di un prodotto perfetto o perfettino, commestibile o gradevole, specie se ben disteso e sviluppato, scritto con una buona mano e un buon orecchio, come spesso ho sentito dire, ma immagino soprattutto nella densità della sua presa, nella sua corrente disordinata che ritorni in qualche modo a soffiare e a bruciare, così come ha soffiato e ha bruciato alle orecchie del suo autore, prima di esistere, al di là del suo tempo, della sua durata, della sua forma raffinata di nostalgia, quanto nella sua maledizione La forza di un racconto e di uno scrittore è rappresentata dall'intensità della sua vita e della sua nostalgia. Della vita che infonde alle sue parole. È la vita che fa numero, sopra ogni cosa. O meglio: che fa parola, sopra ogni numero.
È quello che penso.
La strada per concentrare un messaggio definito, intenso, ben congegnato in uno spazio delimitato, può richiedere la stessa maestria esercitata nella costruzione di un romanzo, così come anche una sola quartina di un sonetto può risultare più difficile e onerosa della buona scrittura di un intero film. Credo che la sfida del raccontare con poco, in uno spazio più o meno volontariamente limitato, richieda una grande sensibilità, oltre che una buona tecnica. Diffido dei sistemi assoluti e delle chiavi magiche e segrete per concentrare al meglio una narrazione in un definito numero di caratteri. La brevità della narrazione è in primo luogo una condizione dello spirito. Il tempo è lo spasmo di un racconto, quindi parte orgasmica del suo profondo, della sua anima quanto del suo tenebroso destino. Una lotta stremata con il suo infinito. Solo chi conosce il seme della storia, chi la patisce fin dal suo primo elemento vitale e nucleico, potrà avvertire, sperimentando, sbagliando, correggendo, distruggendo, ricominciando, il suo modulo necessario per organizzare al meglio il suo plesso nello spazio che la storia gli e si concede.
Un racconto breve è un sistema, che deve in qualche modo costituirsi e armonizzarsi in una sua perfezione relativa e lasciare una sua particolare risonanza oltre le sue coordinate. Rimanere in qualche modo indimenticabile, anche per pochi secondi. La difficoltà, quindi, non la trovo tanto nella costituzione o confezione di un prodotto perfetto o perfettino, commestibile o gradevole, specie se ben disteso e sviluppato, scritto con una buona mano e un buon orecchio, come spesso ho sentito dire, ma immagino soprattutto nella densità della sua presa, nella sua corrente disordinata che ritorni in qualche modo a soffiare e a bruciare, così come ha soffiato e ha bruciato alle orecchie del suo autore, prima di esistere, al di là del suo tempo, della sua durata, della sua forma raffinata di nostalgia, quanto nella sua maledizione La forza di un racconto e di uno scrittore è rappresentata dall'intensità della sua vita e della sua nostalgia. Della vita che infonde alle sue parole. È la vita che fa numero, sopra ogni cosa. O meglio: che fa parola, sopra ogni numero.
È quello che penso.
2 commenti:
Concordo su tutto. Soprattutto sul riferimento alla bellezza. Si scrive e si dice di tutto su come scrivere un racconto, un romanzo, una storia. Ma non si fa mai alcun riferimento alla bellezza. Forse perché troppo impegnativo, forse perché la bellezza divide: che cos'è la bellezza? E poi come spiegare che esiste qualcosa del genere in un mondo dove "tutto" è bello, e guai a dire che ci sono cose mediocri o brutte? Allora si preferisce scrivere, ma non è uno scrivere, è uno sporcare fogli, che rassicura e rende tutti concordi e felici. La bellezza dovrebbe far inciampare...
Grqzie, Marco.
Ci tenevo a condividere con te questi pensieri. In fondo questo discorso si può estendere a qualsiasi percorso artistico, dove in fondo si ricerca sempre qualcosa, qualcosa in cui inciampare, come dici giustamente tu, a volte con cui ferirsi. In fondo la bellezza dello scrivere è proprio in questa ricerca al buio, così intima, personale, senza certezze di nessun tipo. È bella la tristezza come la rogna o un combattimento tra cani e una serata sognante e romantica di spettri in un processo di finzione che si rispetti e che nasce da una reale esigenza e non da un vezzo o da uno sfarzo. Che noia sarebbe avere tutto sotto controllo, seguire delle istruzioni, predeterminare ogni passo. La libertà è pericolosa e profonda, come ogni bellezza. Piena di nebbia fitta e di perfezione.
una buona serata e grazie della visita
l.s.
Posta un commento