Con questo titolo, in questa bella domenica mattina, ho dato la prima severa stoccata al primo racconto della mia prossima raccolta "Il cane del maestro", raccolta che renderò disponibile quando sarà completa e rettificata a dovere nei formati elettronici più svariati, per incontrare quanti più nuovi lettori è possibile.
Dunque con "Lo zio August e Mattia", apro questa esplorazione di un mondo narrativo che sento molto nuovo e intricato dentro di me, ma anche molto controverso e alquanto distante dall'approccio che ho adottato in precedenza nei miei ultimi lavori. Più che un vero e proprio cambiamento, il mondo espressivo di questo primo racconto, come di tutti i seguenti, può definirsi un prolungamento di quelli che erano i miei moduli ancora inespressi, che adesso ho forse maturato e definito per articolarli in uno spazio diverso, forse più ermetico e frammentario, con delle componenti molto più teatrali e insieme immaginifiche al loro interno, ma anche con il costante desiderio di infrangere barriere e di sperimentare nuove zone e colori della mia voce.
Nella revisione e nella scorsa attenta dei dettagli del primo racconto di questa raccolta, ho ascoltato con grande cura il suono della storia e ho avvertito la schiusa di altre sonorità e insieme di altre priorità, alle quali mi sento molto più sensibile rispetto a prima, dal momento che i piani di interesse nei racconti precedenti erano dedicati al nesso sequenziale degli avvenimenti più che alla loro singola anamnesi. Prevale adesso una certa verticalizzazione dell'accaduto, con l'impulso di intrattenermi nel frammento dell'azione più che nella sola coerenza o matematica del suo sviluppo. Nel singolo accordo più che nell'intera armonia.
A volte parlare della luna, di una nuvola che cambia tinta sulla campagna, può già essere a suo modo una storia, un accadimento di cose che si vedono e che accadano e che accadono a chi le vede nel momento in cui le racconta o che si vedono a tratti e si nascondono. Raccontarsi attraverso e non verso, per esempio. Cogliere l'istante di chi vive il fatto e non più il fatto mentre è vissuto. Questi particolari si evincono molto da un certo uso dell'immagine che si addensa come una camicia bagnata al plot e lo conduce in territori simultanei e paralleli, quanto oscuri e abissali, che danno alla forma racconto una certa luce primitiva e insidiosa, che a volte si basta da sola, completando alcune parti del quadro davvero con pochi gesti, con una grande pietrosità dell'istante sospeso e spesso smarrito. Si tratta di aprire più porte in una stessa stanza e scorgere più luci e più condizioni da quante stanze saranno presenti in quella stanza madre, da cui ha origine e si compone e a volte decompone il tutto, quello che si vede e quello che si cela come intravisto, che in questo mio nuovo viaggio conta molto di più del visto, (forse ne "La donna della stanza diciannove" ho cominciato a muovermi in questa direzione). Questo primo breve racconto "Lo zio August e Mattia", che apre la mia nuova raccolta, sintetizza dentro di sé quello che si incontrerà, in modalità più o meno diverse, nelle altre storie che lo seguiranno, fino all'ultima, che pare ricollegarsi al senso più intimo e rarefatto della prima, in uno strano cerchio incantato e segreto, dove tutto sembra ritornare e non ritornare più, in un apparato ipnotico, vortice senza tempo e senza fondo (Nel racconto "La casa", si narra di questo baratro che costella un paesino di poche anime, dove forse si richiamano questi fattori che ho appena accennati).
A volte parlare della luna, di una nuvola che cambia tinta sulla campagna, può già essere a suo modo una storia, un accadimento di cose che si vedono e che accadano e che accadono a chi le vede nel momento in cui le racconta o che si vedono a tratti e si nascondono. Raccontarsi attraverso e non verso, per esempio. Cogliere l'istante di chi vive il fatto e non più il fatto mentre è vissuto. Questi particolari si evincono molto da un certo uso dell'immagine che si addensa come una camicia bagnata al plot e lo conduce in territori simultanei e paralleli, quanto oscuri e abissali, che danno alla forma racconto una certa luce primitiva e insidiosa, che a volte si basta da sola, completando alcune parti del quadro davvero con pochi gesti, con una grande pietrosità dell'istante sospeso e spesso smarrito. Si tratta di aprire più porte in una stessa stanza e scorgere più luci e più condizioni da quante stanze saranno presenti in quella stanza madre, da cui ha origine e si compone e a volte decompone il tutto, quello che si vede e quello che si cela come intravisto, che in questo mio nuovo viaggio conta molto di più del visto, (forse ne "La donna della stanza diciannove" ho cominciato a muovermi in questa direzione). Questo primo breve racconto "Lo zio August e Mattia", che apre la mia nuova raccolta, sintetizza dentro di sé quello che si incontrerà, in modalità più o meno diverse, nelle altre storie che lo seguiranno, fino all'ultima, che pare ricollegarsi al senso più intimo e rarefatto della prima, in uno strano cerchio incantato e segreto, dove tutto sembra ritornare e non ritornare più, in un apparato ipnotico, vortice senza tempo e senza fondo (Nel racconto "La casa", si narra di questo baratro che costella un paesino di poche anime, dove forse si richiamano questi fattori che ho appena accennati).
Sono contento di condividere ogni tanto i passaggi di questa mia nuova revisione, che mi sta appassionando davvero moltissimo, insieme a quella del romanzo "Le braci nella pioggia" che continua anche lui la sua lunga strada.
Il prossimo racconto a cui dedicherò tutte le mie energie, il secondo della raccolta, ha come titolo "Il cane del maestro", col quale ho già deciso da tempo di intitolare il libro.