Un estratto che ho trovato molto intenso e che riporto integro nella sequenza dall'originale.
"Ma tutto ciò che deve essere scritto deve sempre essere ripreso da capo e sempre ritentato, finché almeno una volta riesce approssimativamente, anche se mai in maniera soddisfacente. E fosse pure inutile, fosse pure terribile, fosse pure senza speranza, tuttavia si dovrebbe sempre provare quando abbiamo un oggetto che ci tormenta di continuo con il massimo accanimento e non ci lascia in pace. Pur essendo coscienti che assolutamente nulla è certo e assolutamente nulla è completo, dobbiamo, anche nella massima inicurezza e con i più fondati dubbi, cominciare e portare avanti ciò che ci siamo proposti. Se rinunciamo sempre, prima ancora di aver cominciato, finiamo nella disperazione e infine e definitivamente non usciamo più da questa disperazione e siamo perduti".
Leggendo e rileggendo il passo, estratto dal romanzo "Sì", di Thomas Bernhard, mi accorgo che non vi è nulla di più consolatorio ed edificante che la discussione sull'incerto, sull'incompleto, l'informe o il difforme, il velato, il nebbioso. Il sapere che nulla è mai così completabile, calcolabile, sintetizzabile, soprattutto parlando di scrittura, mi diventa così una delle più consolanti e stimolanti (in)certezze. Di sicuro (o di insicuro, sarebbe meglio), tra le più ispiranti. Confermo.
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