Cara Marcela,
sono passati diversi giorni dal mio ultimo messaggio, e non ho avuto ancora alcuna risposta da te. Eppure, da quel breve contatto alla corte dei principi, quel pomeriggio di giugno, mi sembrava che da parte tua vi fosse tutto l'interesse a sentirmi. Ti ho osservata molto. Eri quasi sempre in compagnia di quella donna bruna, dalla corporatura grossa, così diversa da te. Eppure sembravate così legate. Eravate diverse ma molto legate. Forse eri tu a essere legata molto a lei, non so spiegarti il motivo, è stata solo una sensazione, non riesco a trovare ragioni nelle mie sensazioni. Durante tutta la cerimonia era la tua grossa cuginona bruna che faceva conversazioni, svolazzando tra gli invitati e tu la seguivi, silenziosa. Quanto ti guardavo cercavi di resistere al mio attacco, fingendo di non essere vista, eri un po' spaurita ai miei sguardi, così, non riuscendo a evitarli, fingevi addirittura che non fossero mai esistiti e così parlavi con la tua grassa, di cose che la tua grassa nemmeno capiva. Infatti mi accorgevo che ogni volta che le parlavi dopo un mio sguardo, lei ti guardava in modo strano, con la bocca ancora piena ti diceva qualcosa, forse ti domandava cosa c'entrava quello che le avevi appena detto. E allora dovevi inventare ancora un'altra scusa per cercare di sfuggire a quella situazione, così come era successo col mio sguardo, e lei, ancora più stranita, preferiva incantarti con un bocconcino di mozzarella - vedevo le sue mani grasse di anelli che gocciolavano di latte verso la tua bocca: uno spettacolo molto triste e affascinante. Così diversi momenti del buffet li ho passati nella compagnia dei vostri movimenti, delle vostre diversità. Intanto pensavo a come avvicinarti, non era così semplice. Eri sempre vicina alla tua cugina grassa, non avrei potuto fare un solo passo senza coinvolgervi entrambe e in quel modo avrei rischiato di mischiare le carte e di far credere qualcosa di non vero. Per esempio potevo far pensare di essere interessato alla grassa e non alla magra, per la tensione e l'attitudine che hanno tutti gli uomini, nel caldeggiare i rapporti con la persona che non è nel loro diretto e specifico interesse, di solito per non scoprirsi troppo presto, o per tenere sulle spine fino all'ultimo la più bella, quella che si crede e si sente la prescelta. In fondo tu sapevi ancora più di me di essere la mia prescelta. Non potevo rischiare e deluderti nel mio attacco. Ogni prescelta conosce a perfezione quelle che sarebbero e che saranno le dinamiche del suo prossimo agguato. La modalità di apparizione, sparizione o rapimento o di conquista. Ma in quel contesto era davvero difficile. Eravate una sola persona, non ho mai visto due persone così vicine. Più ti guardavo e ti molestavo con gli occhi, e più le vostre figure si facevano vicine e unite, come una sola. E anche tu cominciavi a mangiare come e quanto lei. Ogni sguardo sul tuo viso, ma anche sul tuo vestito, sulle clessidre perfette dei polpacci nelle scarpine alte, sui tuoi capelli raccolti, la tua bocca mangiava e immaginava, probabilmente per confondersi con l'altra, per sbiadire o per ingrassare al momento e diventare confondibile con la grassa. Ma tutto quello che io vedevo era così strano. Il cielo cominciava a scurire e si sporcava di strani uccelli grigi, che non avevo mai visto prima e che sbiadivano oltre le nubi. Avremmo cenato nella sala delle antilopi. Ero un invitato solitario a quel ricevimento. Amico della sposa, di vecchia data, ma senza troppi testimoni vivi. Non era una compagna di classe, nemmeno un'amica, ma una chiavata estiva, rimasta a baluginare nel tempo, perché la stupida si era incagliata e non voleva lasciarmi più andare.Credo che mi abbia organizzato una fattura con i fiocchi, la sposina, proprio nel periodo in cui avevo cominciato a frequentare Justine ed era proprio quello stesso periodo in cominciavano le nausee e i mal di capo continui e giornalieri, senza rimedio e senza un'origine chiara. In cui aumentava il desiderio di vederla e di sentirla, contro la mia volontà,- una cosa mai successa. Intanto lei, Matilde, non si sentiva e durante il giorno perdevo fiotti di sangue dal naso. Quando la cercavo si negava, staccava il telefono o diceva di essere impegnata e di richiamarmi, cosa che non avveniva mai. Fu grazie a un'amica di Justine che conobbi Oscar, uno strano oscuro cartomante, dalle conoscenze confuse di tante dottrine, che di notte scrutava gli astri mangiando chili di gelato caldo su di una terrazza di Vietri.
sono passati diversi giorni dal mio ultimo messaggio, e non ho avuto ancora alcuna risposta da te. Eppure, da quel breve contatto alla corte dei principi, quel pomeriggio di giugno, mi sembrava che da parte tua vi fosse tutto l'interesse a sentirmi. Ti ho osservata molto. Eri quasi sempre in compagnia di quella donna bruna, dalla corporatura grossa, così diversa da te. Eppure sembravate così legate. Eravate diverse ma molto legate. Forse eri tu a essere legata molto a lei, non so spiegarti il motivo, è stata solo una sensazione, non riesco a trovare ragioni nelle mie sensazioni. Durante tutta la cerimonia era la tua grossa cuginona bruna che faceva conversazioni, svolazzando tra gli invitati e tu la seguivi, silenziosa. Quanto ti guardavo cercavi di resistere al mio attacco, fingendo di non essere vista, eri un po' spaurita ai miei sguardi, così, non riuscendo a evitarli, fingevi addirittura che non fossero mai esistiti e così parlavi con la tua grassa, di cose che la tua grassa nemmeno capiva. Infatti mi accorgevo che ogni volta che le parlavi dopo un mio sguardo, lei ti guardava in modo strano, con la bocca ancora piena ti diceva qualcosa, forse ti domandava cosa c'entrava quello che le avevi appena detto. E allora dovevi inventare ancora un'altra scusa per cercare di sfuggire a quella situazione, così come era successo col mio sguardo, e lei, ancora più stranita, preferiva incantarti con un bocconcino di mozzarella - vedevo le sue mani grasse di anelli che gocciolavano di latte verso la tua bocca: uno spettacolo molto triste e affascinante. Così diversi momenti del buffet li ho passati nella compagnia dei vostri movimenti, delle vostre diversità. Intanto pensavo a come avvicinarti, non era così semplice. Eri sempre vicina alla tua cugina grassa, non avrei potuto fare un solo passo senza coinvolgervi entrambe e in quel modo avrei rischiato di mischiare le carte e di far credere qualcosa di non vero. Per esempio potevo far pensare di essere interessato alla grassa e non alla magra, per la tensione e l'attitudine che hanno tutti gli uomini, nel caldeggiare i rapporti con la persona che non è nel loro diretto e specifico interesse, di solito per non scoprirsi troppo presto, o per tenere sulle spine fino all'ultimo la più bella, quella che si crede e si sente la prescelta. In fondo tu sapevi ancora più di me di essere la mia prescelta. Non potevo rischiare e deluderti nel mio attacco. Ogni prescelta conosce a perfezione quelle che sarebbero e che saranno le dinamiche del suo prossimo agguato. La modalità di apparizione, sparizione o rapimento o di conquista. Ma in quel contesto era davvero difficile. Eravate una sola persona, non ho mai visto due persone così vicine. Più ti guardavo e ti molestavo con gli occhi, e più le vostre figure si facevano vicine e unite, come una sola. E anche tu cominciavi a mangiare come e quanto lei. Ogni sguardo sul tuo viso, ma anche sul tuo vestito, sulle clessidre perfette dei polpacci nelle scarpine alte, sui tuoi capelli raccolti, la tua bocca mangiava e immaginava, probabilmente per confondersi con l'altra, per sbiadire o per ingrassare al momento e diventare confondibile con la grassa. Ma tutto quello che io vedevo era così strano. Il cielo cominciava a scurire e si sporcava di strani uccelli grigi, che non avevo mai visto prima e che sbiadivano oltre le nubi. Avremmo cenato nella sala delle antilopi. Ero un invitato solitario a quel ricevimento. Amico della sposa, di vecchia data, ma senza troppi testimoni vivi. Non era una compagna di classe, nemmeno un'amica, ma una chiavata estiva, rimasta a baluginare nel tempo, perché la stupida si era incagliata e non voleva lasciarmi più andare.Credo che mi abbia organizzato una fattura con i fiocchi, la sposina, proprio nel periodo in cui avevo cominciato a frequentare Justine ed era proprio quello stesso periodo in cominciavano le nausee e i mal di capo continui e giornalieri, senza rimedio e senza un'origine chiara. In cui aumentava il desiderio di vederla e di sentirla, contro la mia volontà,- una cosa mai successa. Intanto lei, Matilde, non si sentiva e durante il giorno perdevo fiotti di sangue dal naso. Quando la cercavo si negava, staccava il telefono o diceva di essere impegnata e di richiamarmi, cosa che non avveniva mai. Fu grazie a un'amica di Justine che conobbi Oscar, uno strano oscuro cartomante, dalle conoscenze confuse di tante dottrine, che di notte scrutava gli astri mangiando chili di gelato caldo su di una terrazza di Vietri.