Pensando:
quello che scrivo ha il suono o il sonno della mia voce? Il mio accento, la mia inflessione. Il tipo di sonorità, di ritmo, di cadenza o anche di fraseggio? Quale sarà la pronuncia delle mie parole quando le scrivo? Sarà la stessa di quelle che qualcuno avrebbe ascoltato se le avessi solo dette? La stessa che mi consente di essere riconosciuto al telefono, da un amico o da un familiare stretto? Con quel tipo di affetto, di confidenza? Io credo di no.
Quando sento il suono interno della parola scritta, non c'entra più la mia storia, quella della mia vita, ma buona parte di quella che immagino. Non sento il mio accento, quindi non sento la mia voce, il mio timbro, la mia cadenza, il mio humus, così come non sentiranno la mia reale pronuncia quotidiana quelli che stanno leggendo questo mio post e che non mi hanno mai sentito parlare, nemmeno al telefono. Questo perché il percorso di narrazione o di scrittura in senso lato, ha delle componenti personali e intime che si distanziano dall'approccio quotidiano della mia espressione "relata" per sopravvivenza. Quando scrivo sono relato a qualcuno senza strategie economiche, di sopravvivenza o di comunicazione diretta. In alcuni casi sono relato a un nessuno, che mi organizza e mi dissolve. Credo che se dovessi immaginare le mie parole scritte dalla mia voce, così com'è, quelle che devo o che sto per scrivere, se dovessi solo accompagnarle con un sussurro mentre le scrivo, sarebbero del tutto diverse, altre parole scritte da un altro, realizzate intorno alla reazione della mia pronuncia e non della sfera più interna e profonda, ma non riconoscibile, rispetto a quella che mi presenta e mi ricompone come entità definita al telefono.
Non sono la mia voce, così come non sono le mie parole. Sono forse il loro suono interno o la loro risonanza, che è tutta un'altra cosa. L'odore del fuoco e non la fiamma viva e visibile. Camminare con la mia pronuncia non mi consentirebbe di mantenere il contatto con questa natura oscura e molteplice, che si organizza intorno al sogno, al pensiero e intorno a molto altro. Senza una pronuncia distinguibile, ma con una mia lingua in continuo rinnovamento e mascheramento, che mi consente di rimanere al buio in questa perpetua combustione.
Non sono la mia voce, così come non sono le mie parole. Sono forse il loro suono interno o la loro risonanza, che è tutta un'altra cosa. L'odore del fuoco e non la fiamma viva e visibile. Camminare con la mia pronuncia non mi consentirebbe di mantenere il contatto con questa natura oscura e molteplice, che si organizza intorno al sogno, al pensiero e intorno a molto altro. Senza una pronuncia distinguibile, ma con una mia lingua in continuo rinnovamento e mascheramento, che mi consente di rimanere al buio in questa perpetua combustione.
Credo che per me sia così: la mia pronuncia è al buio.
0 commenti:
Posta un commento