"Quando penso ai tanti spettacoli cui ho assistito e in tante lingue diverse, quando penso agli strani quartieri nei quali si trovavano questi teatri e ai miei viaggi di ritorno, spesso a piedi, spesso attraverso venti gelidi o in mezzo al fango, quando penso alle personalità veramente straordinarie che si urtarono con la mia, alla folla di idee che conobbi per interposta persona, quando penso ai problemi di altre epoche, di altri popoli, e al magico misterioso denominatore che mi permetteva di afferrarli e di soffrirli, quando penso agli effetti che certi lavori ebbero su di me, e attraverso di me sui miei amici, o anche su gente a me sconosciuta, quando penso a questa marea di sangue, di linfa, di oscuri e screziati pensieri che sgorgavano in parole, in gesti, in scene, in estasi, quando penso quanto totalmente e inesorabilmente umano fosse tutto questo, così umano, così salutare, così universale, la mia stima per tutto ciò che ha a che fare con il teatro, con gli scrittori di teatro e con gli attori, arrivo a un grado di esaltazione.
[...] Attraverso il teatro troviamo la nostra comune e individuale identità. Ci rendiamo conto che siamo siderali quanto terrestri. [...]".
Henry Miller, Il teatro (da I libri nella mia vita)
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