Esistono momenti, direi anche attimi, più o meno frequenti o percettibili, all'interno di un certo percorso narrativo, dove uno scrittore, – di solito grandissimo, altrimenti certe esperienze sono del tutto impossibili e inimmaginabili, a mio parere – apra di colpo un certo varco sensibile e particolare all'interno della sua comunicazione, mostrandosi, anche per una piccola o impercettibile vibrazione, come parte viva di una dimensione e baluginio di toccante intensità.
Durante la suggestione di questo incontro, così come mi è capitato, accade qualcosa di raro e insieme di molto complesso, che sospende il tempo e che rende difficile continuare. Spesso non ci si ferma per un concetto o per un particolare pensiero, per qualcosa che sia ben fatto, o ben definito e congegnato, ma per la pulsazione di profonda intimità con una sensazione precisa della vita concepita solo dentro l'alveo di quel suo attimo atomico, il quale pare essere–almeno in quel momento, ma immagino anche in seguito – parte condivisa, se non esclusiva, solo del lettore e di quello scrittore, come se ne fossero le uniche vittime o destinatari. I testimoni oculari, soli al mondo, di quel preciso momento.
Si tratta del romanzo "Viaggio di nozze", di Patrick Modiano.
I righi o attimi di cui ho accennato e che seguono:
"Dietro il vetro sfilavano lentamente sobborghi silenziosi sotto la luna. Ero solo nello scompartimento e avevo acceso il lumino sopra la mia cuccetta".
Patrick Modiano
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