"Ogni individuo che scompare trascina
con sé l'universo". In questo aforisma di Emil Cioran, filosofo e saggista
rumeno, può percepirsi l'intera eco del percorso doloroso e problematico che
"Notte di rondini" introduce e cerca di affrontare, percorso che diventa
ancora più lacerante quando l'individuo che scompare a se stesso e al mondo è
una bambina.
Scomparire a e da se stessi, come un
relitto, (per un tradimento così efferato e tremendo come può essere un abuso),
alla propria dimensione del sogno, dell'incanto e della tenerezza, è come
scomparire dall'intero universo e allo stesso modo sottrarre all'intero
universo qualcosa di unico e di prezioso, che non ritornerà più.
La problematica di questo lavoro è
affrontata quindi da una particolare angolazione e con la massima prudenza,
attraverso un misterioso dialogo, a tratti quasi incantato e surreale, che una
ragazza di passaggio instaura con una figura oscura e sconosciuta, che le parla
dall'interno di una cabina di uno
stabilimento balneare, nella quale questa figura che parla si è rinchiusa,
verso sera. E attraverso queste parole filtrate da questa porta chiusa, si
snoda e si ricompone pian piano il labirinto e la sua catastrofe.
"Notte di rondini" è in fondo un
lavoro sull'innocenza e anche sull'universalità di questo grande affronto
all'intimità di un essere umano, che ne programma per gradi il disfacimento e
la totale estinzione della speranza, come colore e trama costante di un suo
nuovo arazzo di tenebra, sottraendogli da ogni insenatura del suo animo la
varietà, le voci e i confini primordiali del sogno, come la dolcezza dell'affidarsi,
in cambio di un'armatura opaca e asfissiante nella quale rinchiudersi e punirsi.
La cabina radiosa e familiare di "Notte di rondini", alla fine non è altro che la feritoia di un elmo, dove
cominciare o solo disegnare la forma di un grido, in una sera anonima e
qualunque di vacanza.
0 commenti:
Posta un commento