venerdì 24 ottobre 2014

Montale: un mottetto




Quanta aria montaliana, nei primi freddi di Napoli, ma anche nella luce dei primi freddi, riprendendo ieri notte la bellissima edizione paterna de "Le occasioni": I poeti dello specchio di Mondadori del 1949.
Un poeta d'altra parte rimane sferzante come un primo freddo, una metamorfosi o mutamento atmosferico precoce.  Questo destare"a soprassalti", come dice Montale in questo mottetto, che smuore nella bellezza ombrosa di un vicolo, per continuare a vagare da solo, nell'aria sua e dei luoghi che raggiunge e che a volte contagia e corteggia di ansia come un ciclone, un lungo fischio nel buio.

Eccolo il mottetto, asciutto e intriso di una perfezione tersa e ariosa, che si agguerrisce e si slega nella libertà del suono e del suo nuovo:

Ti libero la fronte dai ghiaccioli
che raccogliesti traversando l'alte
nebulose; hai le penne lacerate
dai cicloni, ti desti a soprassalti.

Mezzodì: allunga nel riquadro il nespolo
l'ombra nera, s'ostina in cielo un sole
freddoloso; e l'altre ombre che scantonano
nel vicolo non sanno che sei qui.

Eugenio Montale: Mottetto da "Le occasioni" Lo specchio. Mondadori edizione 1949

giovedì 16 ottobre 2014

La somministrazione titanica: E. M. Cioran



Cioran rimane una struttura molecolare e farmacologica. Una somministrazione titanica per una terapia sovversiva dell'essere verso un'altra origine, di una regione insondabile ma vera: 

"Le tre del mattino. Percepisco questo secondo, e poi quest'altro, faccio il bilancio di ogni minuto.
Perché tutto questo? – Perché sono nato. [...]".

Nei momenti calmi del pomeriggio nei quali attraverso la sua galleria di aforisimi, mi sento ingoiato da un effetto di lungimiranza e dalla stessa densità di cui ha scritto egregiamente Guido Ceronetti nella sua prefazione a "Squartamento".
Ed è quella stessa densità, ineguagliabile e intonsa del pensiero e della scrittura di Cioran, che ho incontrato ne "L'inconveniente di essere nati", e che mentre avverti di divorare con gli occhi, ti divora e ti frantuma come vetro. La sua accoglienza tagliente ma sempre calda, dal tepore mefistotelico e insieme materno. Senza seni.

Due piccoli immensi esempi, dal capitolo X de "L'inconveniente di essere nati":

Le persone "distinte" non sono inventive in fatto di linguaggio. Lo sono, invece, in modo straordinario tutti coloro che improvvisano per ciarlataneria o sguazzano in una grossonalità venata di emozione. Sono forze della natura, vivono direttamente nelle parole. Il genio verbale sarebbe dunque appanaggio dei luoghi malfamati? In ogni caso esige un minimo di sporcaccioneria.

Bisognerebbe limitarsi a una sola lingua e approfondirne la conoscenza in ogni occasione. Per uno scrittore, chiacchierare con una portinaia è molto più proficuo che intrattenersi con uno scienziato in una lingua straniera.


venerdì 10 ottobre 2014

Dal sipario dell'oblio...



Da questa patina di oblio, che avvolge spesso la risonanza di un romanzo nel tempo, un estratto bellissimo di Kundera, dalla parte settima"Il romanzo, la memoria, l'oblio", della sua opera "Il sipario": 

"Chi legge un sonetto di Baudelaire non può saltare una sola parola. Se gli piace, lo leggerà più volte e, forse, ad alta voce. Se gli piace da impazzire, lo imparerà a memoria. La poesia lirica è la roccaforte della memoria.
Il romanzo, invece, è di fronte all'oblio un castello scarsamente fortificato. Se occorre un'ora per leggere venti pagine, un romanzo di quattrocento pagine richiederà venti ore, quindi, diciamo, una settimana. Raramente abbiamo un'intera settimana libera. È più probabile che tra una lettura e l'altra intervengano pause di parecchi giorni, durante i quali l'oblio allestisce subito il suo cantiere. Ma l'oblio non opera solo durante le pause, prende parte di continuo alla lettura, senza un attimo di tregua; mentre giro la pagina, già dimentico quello che ho letto; tengo a mente solo una specie di riassunto indispensabile per la comprensione di quello che verrà dopo, mentre tutti i dettagli, le minime osservazioni, le espressioni incomparabili sono già cancellate. Un giorno, dopo anni, mi verrà voglia di parlare di questo romanzo a un amico, entrambi allora prenderemo atto che le nostre memorie, avendo fissato solo pochi frammenti di quella lettura, hanno ricostruito due libri completamente diversi. Eppure il romanziere scrive il suo romanzo come se scrivesse un sonetto".

Estratto da "Il sipario" di Milan Kundera