Nella mia scrittura si addentra da sempre un mistero. In ogni mistero prevale quello che non si sa, rispetto a quello che si pianifica e si comprende troppo. È per queste ragioni che uno scrittore, più che da un grado di sola comprensione di quello che vuole scrivere, dovrebbe essere avvinto – e poi sospinto – da un'infestazione, che in qualche modo lo renda autentico in ogni sua espansione di conflitto del suo percorso espressivo.
Un lettore autentico e fedele, sarebbe in egual modo infestato da un certo pensiero drammatico, e quasi mai convinto di quella giusta estetica o ideologia di linguaggio, secondo me. L'incontro ideale avverrebbe quando lettore e scrittore vivono la stessa tensione di mistero, nel corso dell'esperienza di contatto con l'intimità di quell'opera, e non solo con la sua efficacia diegetica o con la sua economia politica.
Lo stesso grado di infestazione, nel processo simbiotico del puro immaginare, forse.
Un lettore autentico e fedele, sarebbe in egual modo infestato da un certo pensiero drammatico, e quasi mai convinto di quella giusta estetica o ideologia di linguaggio, secondo me. L'incontro ideale avverrebbe quando lettore e scrittore vivono la stessa tensione di mistero, nel corso dell'esperienza di contatto con l'intimità di quell'opera, e non solo con la sua efficacia diegetica o con la sua economia politica.
Lo stesso grado di infestazione, nel processo simbiotico del puro immaginare, forse.
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