martedì 30 giugno 2015

"Bang!" nella selezione ufficiale Ortigia Film Festival 2015!



Una splendida notizia per il nostro "Bang", presente nella selezione ufficiale del prestigioso festival film di Ortigia 2015, una delle kermesse cinematografiche più vive, interessanti ed autorevoli della Sicilia. Da quest’anno il Festival, incorniciato nello splendido scenario di Ortigia, ha ricevuto il prestigioso Patrocinio dalla Commissione Nazionale dell’Unesco ed è stato inserito dal Mibact tra gli eventi di Verybello. 
La proiezione del film avverrà nell'Arena Logoteta il 12 luglio alle 20.45.
Qui la pagina dell'Ortigia film festival 2015, dove tra qualche giorno sarà pubblicato il programma completo con le opere selezionate.
Approfitto per ringraziare tutti i magnifici collaboratori che hanno consentito di dare vita e qualità a questo progetto.
l.s.



























venerdì 12 giugno 2015

Ricordando Sandro Penna




"Da qualche giorno aveva un po' di febbre. Anzi era certo che si trattasse di un morbo tubercolare. Sapeva, in breve, di dover morire. Però doveva farsi tagliare ugualmente i capelli e la barba. Certo, aveva capito che anche chi sa di morire non può sfuggire alle cose di tutti. I pensieri di un simile stato d'animo sono diversi, sì, da quelli di un altro, ma si finisce coll'andare ugualmente dal parrucchiere. Si fa tutto con quella lenta angoscia che sta in fondo, ma la cosa più triste è appunto quel sapere che non c'è altro da fare che le solite cose".

Estratto da "Un po' di febbre" di Sandro Penna. Garzanti 2002



























mercoledì 10 giugno 2015

Dentro lo sguardo illuminarsi il sole


Titolo questo post con la freschezza di questo squarcio, estratto da una poesia di Alfonso Gatto, "Inverno a Roma", nella quale mi sono immerso di buon mattino, e dove ritrovo nel gioco delicato delle immagini, nel tempo e nelle luci dei suoi  movimenti, come in ciascuna di queste pennellate, una lezione di cinema. Silenziosa e sapiente. Una lezione di cinema d'inverno, come dell'amore per la vita e per il suo eterno raccontarla, (che non basta mai), nell'incanto desto di questo montaggio, fino al suo ultimo spasmo di sonoro.
Eccola:

Inverno a Roma

I bambini che pensano negli occhi
hanno l'inverno, il lungo inverno. Soli
s'appoggiano ai ginocchi per vedere
dentro lo sguardo illuminarsi il sole.
Di là, da sé, nel cielo, le bambine
ai fili luminosi della pioggia
si toccano i capelli, vanno sole
ridendo con le labbra screpolate.
Son passate nei secoli parole
d'amore e di pietà, ma le bambine
stringendo lo scialletto vanno sole,
sole nel cielo e nella pioggia. Il tetto
gocciola sugli uccelli della gronda.



























giovedì 4 giugno 2015

Poetica sublime dell'indifferenza




In questo post sarò molto duro, e sento di esserlo per difendere l'intento di un progetto di qualità, quanto intenso e delicato, pur nel suo dolore infinito, che non credo meriti la disattenzione e l'aria di sufficienza con cui lo sento accolto e con cui in effetti lo stanno accogliendo e ignorando.
Mai come con quest'esperienza di "Notte di rondini", ho toccato con mano, e con dolore, la poetica dell'indifferenza, una poetica sublime, per quanto sia perfetta, geometrica, impeccabile nel suo vuoto. Un esercizio ginnico limpido, con il quale ci si ingenga nel passare oltre, nel dimenticare, nel rinunciare anche a un solo retweet, il tutto con un'estetica che lascia senza fiato, con eleganza e con gelo assoluti.
Ne parlavo ieri pomeriggio, al telefono, con una delle sostenitrici del progetto, la quale non riusciva a comprendere tanta pigrizia e riluttanza nell'accostarsi quanto meno alla tematica del telaio di "Notte di rondini", quel minimo di curiosità, al di là che si scegliesse di sostenerlo o meno, ma anche solo per la sua condivisione. Mi sono accorto davvero di un abisso, di un grande muro invalicabile, che di fronte ai diritti dell'infanzia e al dolore di questa storia, non riesco a spiegarmelo né a giustificarlo in nessun modo e davvero mi spaventa, perché ha del mostruoso, e non ho paura a dirlo!
Quello che posso dire è che quest'indifferenza, ormai così macchinosa e radicata, opulenta e in splendida salute, sia diventata una vera e propria poetica, in questo delirium tremens tribale della condivisione del proprio sè a tutti i costi, di avere gli spazi per proporre, per citare, per dimostrare talento, lungimiranza, cultura, conoscenza, ma intanto per una tematica incentrata sul dolore di una violazione, signori, non c'è lo spazio per soffermarsi, nemmeno per vedere di cosa si tratta, semmai chiedere, criticare, ma in qualche modo parlarne. L'epoca della condivisione, della velocità, dello slancio ad esprimersi, a convogliare immagini, pensieri, concetti, a fermare istanti, anche mostruosi, della propria quotidianità e immortalarli in un album infinito di flussi lebbrosi di celebrità, ha perso la dolcezza del soffermarsi e dell'ascolto sottile, non quello di chi grida ma quello di chi parla  sottovoce – ma nonostante questo, paradossalmente, anche nel mio caso il mio sottovoce è stato confuso con un grido. 
Concludo molto preoccupato e amareggiato, perché quest'esperienza di condivisione di un intento importante e profondo mi ha lasciato questo sapore di amaro e di bruciato nella bocca. Questa sublime indifferenza, con la dilatazione della sua poetica mostruosa, che lascerà le altalene al crepuscolo del nostro progetto ancora più ferme, nel tempo e nel suo orrore, ci darà sconfitti tutti, purtroppo, allo stesso modo: sia gli indifferenti che i più attenti e sensibili. È questo il punto più tragico e difficile da cogliere.
Passo e chiudo:

mercoledì 3 giugno 2015

"Notte di rondini": presentazione ufficiale del progetto



"Ogni individuo che scompare trascina con sé l'universo". In questo aforisma di Emil Cioran, filosofo e saggista rumeno, può percepirsi l'intera eco del percorso doloroso e problematico che "Notte di rondini" introduce e  cerca di affrontare, percorso che diventa ancora più lacerante quando l'individuo che scompare a se stesso e al mondo è una bambina.
Scomparire a e da se stessi, come un relitto, (per un tradimento così efferato e tremendo come può essere un abuso), alla propria dimensione del sogno, dell'incanto e della tenerezza, è come scomparire dall'intero universo e allo stesso modo sottrarre all'intero universo qualcosa di unico e di prezioso, che non ritornerà più.
La problematica di questo lavoro è affrontata quindi da una particolare angolazione e con la massima prudenza, attraverso un misterioso dialogo, a tratti quasi incantato e surreale, che una ragazza di passaggio instaura con una figura oscura e sconosciuta, che le parla  dall'interno di una cabina di uno stabilimento balneare, nella quale questa figura che parla si è rinchiusa, verso sera. E attraverso queste parole filtrate da questa porta chiusa, si snoda e si ricompone pian piano il labirinto e la sua catastrofe.
"Notte di rondini" è in fondo un lavoro sull'innocenza e anche sull'universalità di questo grande affronto all'intimità di un essere umano, che ne programma per gradi il disfacimento e la totale estinzione della speranza, come colore e trama costante di un suo nuovo arazzo di tenebra, sottraendogli da ogni insenatura del suo animo la varietà, le voci e i confini primordiali del sogno, come la dolcezza dell'affidarsi, in cambio di un'armatura opaca e asfissiante nella quale rinchiudersi e punirsi. La cabina radiosa e familiare di "Notte di rondini", alla fine  non è altro che la feritoia di un elmo, dove cominciare o solo disegnare la forma di un grido, in una sera anonima e qualunque di vacanza.

martedì 2 giugno 2015

Perché far vivere "Notte di rondini"?


Quanto tempo avrei per rispondere? Un minuto, un secondo solo? Una giornata, una notte o una vita intera? Può mai scorporarsi una risposta dal tempo? Eppure, se chiediamo un aiuto per raccontare una storia, proprio questa storia qui, dovrei spiegare almeno una motivazione tra tante, anche una sola, qualcosa che ne giustifichi in qualche modo, in qualsiasi modo, l'importanza. 
Che cosa può essere più o meno importante da raccontare, per giustificarne anche il senso, il senso dello stare al mondo accanto a tutte le altre storie che in qualche modo sono riuscite a schiudersi, a diffondere il proprio profumo, la loro fragranza oltre i confini della propria costante possibilità di inesistenza, di invisibilità? Quanto tempo avrei per cercare di capire per quale motivo un viso piuttosto trafelato di ragazza e una striscia radiosa delle cabine di uno stabilimento balneare, mi siano balenate dal nulla dentro gli occhi, come un ricordo, uno scintillio, o nemmeno? Forse come  un lampo, quell'attimo di giallo rapsodico nel buio, che precede il tuono, o anche il silenzio e poi scompare.
Forse perché il racconto di "Notte di rondini", oltre al lampo di questo viso, è un lampo che precede un temporale di silenzi e non di soli tuoni, o meglio: di tuoni silenziosi e tremendi. Questo lampo è parte di una storia molto lunga, lunghissima, che interessa tante persone e che le accomuna e le stringe, come un nastro o del filo spinato che cinge una zona limitata, confinata entro una fortezza di dolore infinito e spesso inconsolabile. Il racconto di "Notte di rondini", è parte del nastro e del teatro di quella storia, che a sua volta è racconto di un'altra storia e di ancora un'altra, tutte diverse, come sono uguali e insieme diversi gli esseri umani violati, l'uno dall'altro e nell'altro, nel modo di reagire, di ricordare, di negare fino alla morte e di macerarsi dentro la sopraffazione, o nel baratro di una solitudine spietata che può venire inferta in un nulla, in un pomeriggio di pioggia leggera, quando in giro non c'è nessuno, le persiane appena abbassate, la sedia accanto al muro, quel leggero dormiveglia dove tutto quello che accade pare già scomparire e non esistere più, proprio come quella carezza, coraggiosa e sfrontata, fatta dopo essersi tolti gli occhiali e sazia del suo stesso tremore o anche gesto sicuro e chirurgico, che si fa strada e cammina, cammina, cammina, dentro una cameretta, poi come una formica si avventura sopra un braccio, poi verso l'inguine o in uno sguardo, in una pettinatura, sul tetto rosa di una casa, nella rinuncia ad un giocattolo, a un cinema, a una festa di compleanno, a una gita scolastica, a quel filo di trucco in più, a quelle scarpette basse ancora in vetrina che ti piacevano e che all'improvviso non hai più comprato, così come è successo con quella camicetta color mavì dalla tristezza infinita. Quella carezza nera e spinata continua, accompagnando del suo tremore le giornate in bicicletta o a piedi, i bicchieri di latte della sera, i pomeriggi davanti alla tv, l'amore di un cane. Come le lunghe notti di insonnia, i silenzi di un bosco o di un cortile, dove qualcuno che non si vede mai sta saltando da ore su di una corda, poi su di un solo piede o anche senza gambe. Saltare senza gambe e dimenticare l'esistenza della luna, per l'attimo nero di un pomeriggio, potrebbe portare alla pazzia, in poco tempo. Anche una sola notte di questi balzi, potrebbe portare troppo lontano e far scomparire, tutto questo dentro un vuoto insondabile.
"Notte di rondini" insieme e attraverso il grande animo di Terra dei piccoli e di Andrea Cippone,  vorrebbe abbracciare questo vuoto dentro il suo cuore, per raccontare insieme di un cuore ancora battente e caldo, delle conseguenze di quella carezza sbagliata, come  del destino di quel gesto che può arrampicarsi come un ragno in una stanzetta con le persiane appena abbassate, fino a scavalcare e sgretolare carte da parati calde di tramonti, universi di sogno e di tenerezza, di pomeriggi lontani di una colonia estiva e di nostalgia. Come ho anche scritto nella presentazione del progetto, citando letteralmente Emil Cioran "Ogni individuo che scompare trascina con sé l'universo". Quella carezza sbagliata e fuori tempo e fuori musica, è l'inizio catastrofico di una lenta scomparsa, di un graduale annegamento dentro se stessi, dentro l'abisso di quel se stesso ferito, assediato, senza alcuna possibile o impossibile pietà, senza speranza di rimersione, – purtroppo molto spesso è così. Per il dolore infinito dell' essere e sentirsi marchiati a fuoco, fin dalla tenera età, dall'abisso di quel gesto rovente, un gesto che ne richiama un altro, poi un altro ancora e dentro un labirinto di gesti avvenuti, conclamati, anche se segreti e inconfessati, ne accadono a pioggia altri, tutta una risonanza interna di gesti che ti entrano nei capelli come topi, dagli occhi rossi, in apparenza immaginari ma ugualmente lancinanti come quelli avvenuti, subìti, che adesso si amplificano, come una vegetazione insidiosa, un mostro a tre teste o un'edera folta di dolore e di ricordi cattivi e di carezze e di vetri che tremano, per il motore familiare della sua stessa auto che sembra che passi oltre ma che adesso rallenta, svolta e  sta ritornando; per il fumo nero dei suoi passi, come per il suo sguardo triste dietro gli occhiali e il suo mal di cuore.
Perché raccontare di questo? Per cercare forse di far pensare, ricordare o anche solo  immaginare di allontanare in un esorcismo la tempesta dai tuoni muti, come il motore di quell'auto ormai familiare, che sta parcheggiando mentre si è già a letto, con gli occhi aperti? Allo stesso modo di quel lampo, quello che ha dato la vita all'impulso rapsodico di questo film, poco prima di un temporale silenzioso e tremendo? Un temporale fatto di battiti e di extrasistoli come di sguardi bassi, di strade bagnate, fischi nel buio e negozi già chiusi, prima di sera. O ancora.
Ecco perché sarebbe giusto aiutare questo racconto a vivere in un film. Almeno provarci, in qualsiasi modo. Credo che possa far bene a tutti. Ne sono certo.
È ancora una volta tutto qui: Notte di rondini: pagina ufficiale del progetto.