Trovo che quando si tenti di scrivere qualcosa, si venga comunque a patti con la dinastia della propria memoria, con i condizionamenti di tutto quello che si è pensato, vissuto, rigettato o ingoiato, spesso senza nemmeno saperlo. Ecco perché trovo così difficile quanto inutile lo sforzo di emulazione, quando si ha disponibile un elemento così solido e profondo da scandagliare, da proteggere, da distruggere.
L'importante è accettare la propria insostituibile individualità di metodo e di percorso, riconoscendone e proteggendone, se è il caso, la bellezza rischiosa dei suoi limiti.
l.s.
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