Come quella corda chiamata cantino,
che avevi rotto per sbaglio.
che avevi rotto per sbaglio.
Da una revisione, su cui stavo lavorando stamattina presto, mi ritorna la forza della seconda persona. Il grado particolare di intimità che preserva da troppo controllo, troppe informazioni e diramazioni linguistiche, ma che a un certo punto ti concede quel giusto, che si mantenga tra il riserbo, quel filo di confidenza e di lieve timidezza prima dell'azzardo. Soprattutto il non sapere mai troppo di quello che sta accadendo e che stai raccontando. Un passaggio che mi ha colpito di più adesso, quando l'ho estrapolato dal suo tessuto d'origine. Possibile per la sua solitudine, il suo senso raccolto di irreparabilità. Lo stesso di questo cantino di chitarra che si è rotto per sbaglio, dentro un passato misterioso, che si assapora ma che non si conosce. Questo perché lo scrivere è fatto anche della cattura degli istanti più impercettibili o anche spezzati e incompiuti di un personaggio e di una situazione. Alcuni come questi, che possono diventare oscuri e nello stesso tempo fare luce e spazio a un'idea ancora troppo nascosta. Forse ancora per poco, se non per sempre.
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