Il rumore della pioggia, a inizio maggio, scandisce una dimensione di tempo diversa. Ha una sua esclusiva nel sancire una regola antica e monastica, nel condizionare la luce in un suo carcere, così come la vista degli alberi e della vecchia villa delle suore che ho di fronte. Ha una sua quasi impenetrabile invisibilità. Si percepisce l'infittirsi del suono più che il velo d'acqua dello scroscio, o quanto meno i due elementi percettivi non sono proporzionati l'uno all'altro. Solo quando zampilla sui marmi dei balconi, sulle ringhiere, allora si vede da dove provenga quel suono, familiare ma nello stesso tempo un po' selvatico e minaccioso. Un suono che rende visibile l'invisibile, o il quasi invisibile di me.
A quest'ora di maggio questo piovasco sembra davvero una pagina di concerto. Con una sua accordatura perfetta, implacabile, alla quale nessuno potrà sottrarsi. Il dominio di un fenomeno atmosferico è fatto di mutamenti e di modulazioni lontane. Adesso, per esempio, sembra già sera. Anche in queste mie parole, che scorrono e un po' faticano come lo scroscio, si avverte una luce sfatta di qualcosa di fioco, sul punto di spegnersi, di lacerarsi, che è molto simile all'approssimarsi della sera, sulle case, sulle strade, come negli animi di chi è sceso senza ombrello o soltanto senza un amore.
Che cosa avrei mai scritto se questa domenica fosse cominciata nel sole pieno? Forse nulla, forse sarei già in strada, con l'aria del mattino in faccia. Non credo che avrei parlato del silenzio del sole. La pioggia, rispetto al sole e al sereno, ha una sua polidimensionalità, che permette di assuefarsi e un po' di perdersi nel suo regime. Il bel tempo sarà forse meno traducibile o meno interessante, soprattutto di maggio, poi. Una giornata di sole pieno di maggio, sarebbe stata perfettamente accordata e in ordine rispetto a certe regole, certe convenzioni o abitudini. Un maggio che comincia dentro l'acqua, rimane una piccola trasgressione, qualcosa di clandestino sui cui riflettere, polemizzare. Adesso l'acqua si è fatta molto più visibile, ma c'è anche molta più luce, come se all'infittirsi dell'acqua si sia accompagnata una schiarita. O forse sarà stata la schiarita a rendere più visibile la pioggia? Tutto continua, indisturbato. Anche queste mie parole, stanno scendendo come la pioggia che ho di fronte, con il suono delle mie dita, che nessuno vede mentre le parole si costringono in un loro impossibile senso. Questa pioggia che mi ha fatto ricolmare questo post, è qualcosa di vivo, che mi parla e che ha un suo senso. Un senso profondo, molto più profondo della mia pioggia, di quella che sto scorrendo con la mia volontà. Eppure ho cominciato a piovere questi pensieri, ogni tanto guardando fuori e cercando di misurare dei punti di contatto, tra quello che sto pensando e trasmettendo e quello che vedo, e che in qualche modo mi guarda. Tutto quello che ho avuto dinnanzi, dalla finestra di questa camera dalla quale sto scrivendo, mi ha sempre guardato e mi ha sempre risposto per tempo allo sguardo che vi ho dedicato e inflitto. Come se anche questa pioggia in questo momento scendesse per vedere cosa accade dentro le finestre accese delle case, in un primo giorno di maggio, alle otto e mezza di una domenica mattina. La pioggia non è una cosa, ma non è nemmeno qualcosa di vivo, come potrebbe esserlo un cane, una pianta o un uccello. Eppure sento che in questo momento questa discesa di pioggia mi stia guardando e stia entrando nei miei pensieri, allo stesso modo di come avrebbero fatto lo sguardo triste di un cane, il movimento di una foglia o il canto di una capinera. La vita entra nelle cose o nelle persone o situazioni che crediamo meno vive, a volte vi rimane e ci fa più vivi e più consapevoli di cosa sia la vita, quella che sentiamo e che cerchiamo a volte di dire, di comunicare altrove. Adesso che scrivo della vita, guardando ogni tanto la pioggia che cade, mi sento più calmo e sensibile, ma nello stesso tempo più fragile e più lontano. Come se quello che stessi esprimendo, nonostante la nebbia e il suo caos, sia una parte pulsante e controversa di me, che batte su questa pagina come l'acqua sulla ringhiera del balconcino di fronte. Questi miei pensieri rimarranno sospesi, in questa domenica mattina, senza un luogo preciso e definito, se non questa luce d'acqua e questo grigio o il filo nudo del bucato, che per qualche istante mi hanno ricordato un po' il sole, il fatto che oggi non ci sia. Adesso la pioggia è diminuita, sia il suo suono che la sua luce. Anche le mie parole stanno diminuendo e sbandando insieme a lei. Ma forse la pioggia è molto più vicina a qualcosa di vivo che a qualcosa di non vivo. Rispetto a un pettine o a un bottone, la pioggia è molto più vicina a un cane, a un albero, a un uccello.
Credo che abbia una sua anima, disordinata e umida, ma in qualche modo parlante. Anche nella costrizione di una clausura o di un impedimento alla mia giornata, questo filo d'acqua mi riporta al sentirmi vivo e partecipe e forse complice di questi istanti perduti al mondo, con le mie poche parole, la mia storia, i miei sogni, che sento mi stiano ancora guardando, come i due piccioni di fronte, che si tengono riparati e vicini su di una caldaia a gas.
l.s.