domenica 22 maggio 2016

Gli esordi di Pinter


Le prime rappresentazioni delle opere di Harold Pinter furono massacrate dai critici. Ad eccezione di Harold Hobson, scrissero tutti che era un autore eccentrico, inaccettabile, incomprensibile, che non aveva nulla da dire. Oggi forse è l'autore più rappresentato al mondo ma, come dice egli stesso, «Adesso sono diventato comprensibile, accettabile, eppure le mie commedie sono sempre le stesse di allora. Non ho cambiato una sola battuta!»

Estratto dalla nota del curatore, Alessandra Serra, al Volume primo di Harold Pinter: Teatro. Einaudi 2015

















































sabato 21 maggio 2016

Il desiderio di non vita nell'altro


Mi accorgo che a volte vorremmo essere sempre il viatico, l'accesso privilegiato per l'altro, verso un tipo di esperienza esclusiva, una sorta di prima volta, che sia solo dell'altro, intendo di chi ci è vicino e che ci accompagna. Miriamo a una prima volta che deve la sua possibilità soltanto a noi, ma che non sia condivisa da entrambi come prima. Desiderando in particolar modo la non vita passata dell'altro, piuttosto che la ricchezza e stagionatura dei suoi trascorsi: che ci ci ami non abbia mai preso un aereo, se non con noi, che ne abbiamo presi trecento. Nemmeno un treno, ma neanche solo un taxi di notte, o l'ultima metropolitana. Ma che non abbia visto un incidente mortale, un capriolo, un tramonto, una rissa al di fuori di noi, se non attraverso di noi, che invece ne abbiamo visti a centinaia di migliaia. Che non abbia mai scoperto un artista, un museo, un film, un libro, un albergo, un farmaco, un vizio, un ristorante, una canzone, una vacanza, una vetta, verità o credo filosofico, ma anche un grande dolore, che in qualche modo non appartenga a noi, a un nostro tramite diretto e incontrastato. Che non abbia mai amato, baciato nessuno prima se non noi, fatto del male o slacciatosi all'improvviso il costume di sopra nella brezza della pelle d'oca, in un bagno di pomeriggio, se non con noi e solo per noi. E così facendo ci appropriamo con orgoglio delle prime volte dell'altro, delle sue nuove emozioni, stupori, incertezze, incanti o maledizioni, con una misteriosa forma di dominio e accanimento assoluti, murandoli tutti in relazione alla nostra esistenza e testimonianza suprema; in una sorta di regime affettivo ma anche viscoso e invadente di priorità perpetua sul vissuto, sulla quantità gelida di vissuto. Se a volte non siamo il viatico, l'unica chiave di magia verso il nuovo dell'esistenza dell'altro, l'altro, ai nostri occhi, potrebbe mostrarsi diverso, se non inutile e quindi appassire; e farsi anche più minaccioso, perché forse meno fragile e inesperto di quanto avremmo gradito, quindi meno interessante, solo perché il suo piano esperienziale non sarà stato poi così distante e modesto rispetto al nostro, come un tempo speravamo. E quindi decidiamo di lasciarlo perdere e svanire, almeno per un po', o un po' per sempre... Ed è solo allora che si cerca altro. Si cercano compagni di viaggi mai fatti e mai stati, solo per goderci questo privilegio di aver fatto, vissuto e incontrato molto di più. Di essere qualcuno che racconta e che rassicura e ancora una volta incanta, ma che non sente il bisogno di ascoltare un racconto o di essere rassicurato e incantato, se non attraverso la propria infantile ed eccellente sicurezza di detenere quel certo (ma nello stesso tempo anche incerto) irraggiungibile e seducente primato. 
Si ama, o forse si tortura, si desidera e si controlla più facilmente chi immaginiamo o avvertiamo inferiore, come una sorta di figlio adottivo e un po' maldestro, a cui chiedere se ha lavato le mani e i denti, prima di andare a letto. Sarà forse l'unico essere a distrarci dal nostro terrore di esistere e di amare, per il solo fatto di aver gioito o patito meno vita, e quindi meno terrore e amore di noi?

l.s.




















giovedì 19 maggio 2016

Impromptu serale:


In questa luce che muore
un filo della tua voce,
come da un telefono a muro.
Quando poi riattacco
soltanto il diradare,
dall'albergo di fronte,
del giradischi rotto
dell'ultima colonia.

l.s.






































Talent is luck



"Talent is luck. The important thing 
in life is courage".

Woody Allen






































mercoledì 18 maggio 2016

Ancora da Jelinek


"E l'amore ci fa contenti solo quando ci invidiano 
l'essere amato".

Elfriede Jelinek



























martedì 17 maggio 2016

"La compagna di classe" (The classmate): Plot summary


http://www.imdb.com/title/tt5688716/plotsummary?ref_=tt_ov_pl


Questa è la mia sinossi originale nella versione inglese, utilizzata per la pagina di IMDb de "La compagna di classe"

"Nik, after the sudden departure of his son Gus, is left alone. He sleeps in his son's bed, without touching anything in his room. He also regularly charges the battery of his son's cell phone, that has been quiet for the past three months; one night, all of a sudden, the cell phone receives a text message from Adele, a Gus' old classmate, who just came back to Italy and who thinks he is still alive. Nik, struck by this unexpected situation, plays the game: he pretends he is Gus and starts a very intense communication, made up of little and endless nightly phone calls, that help him cope with his solitude, letting him discover a secret and sensitive past of the two kids, that becomes a frightening real and intense present, when..."
- Written by Luigi Salerno



























venerdì 13 maggio 2016

Dal vortice radioso di Elfriede Jelinek




All'inizio questo approccio narrativo così aspro, metallico e tagliente disorienta. Mi riporta allo snodo tetro di un labirinto. Poi, avanzando, mi accorgo che dentro le trame sottili di questo intreccio si nascondono e riemergono elementi creaturali dalle impressionanti profondità. Luoghi e intercapedini che conducono dal vicolo cieco, accanto a una fermata di tram, all'abisso violento di un'anima.
Rimane impressa come un vortice  di luci e di suoni questa scrittura così ispirata della Jelinek, dalla nitidezza fobica esatta e cristallina. Intatta e geometrica nel suo caos lagunarecome nella sua  mostruosa e incatenante intimità.
Solo qualche sprazzo:

"Le piccole osterie agli angoli delle strade vomitano già la loro luce sui marciapiedi. Nelle zone illuminate, gruppi di persone in lite per un'osservazione inopportuna pronunciata da qualcuno. Erika dovrà scoprire molte cose che ancora non conosce. Qui e là si avvicina un motorino che improvvisamente crivella di crepitanti colpi di spillo l'aria e si allontana veloce, come se qualcuno lo stesse aspettando. In parrocchia, dove la gente fa baldoria e cerca di liberarsi subito dei motociclisti che turbano la pace. Vanno quasi sempre in coppia su quegli spompati motorini, per sfruttare meglio lo spazio: non tutti ne possiedono uno. Le automobiline viaggiano piene, stipate fino all'ultimo posto; spesso una bisavola siede fiera lì dentro, in mezzo ai parenti che la portano a spasso al camposanto[...]".
"Ora ci sono sempre più uomini che incrociano la strada di Erika. Come per una segreta parola magica, le donne sono scomparse nei buchi che qui si chiamano case. A quest'ora non vanno sole per la strada, soltanto in compagnia dei familiari, per bere una birra o far visita ai parenti. E solo se è presente un adulto. Ovunque tracce del loro operare e tramare: vapori di cucina, ogni tanto il leggero tintinnio delle pentole e il raschiare delle forchette. Il baluginio azzurrino del primo serial televisivo della serata guizza da una finestra, poi da un'altra e da un'altra ancora: cristalli luccicanti di cui si adorna la notte che scende. [...]".

Estratti da Die Klavierspielerin (La pianista), di Elfriede Jelinek














mercoledì 11 maggio 2016

Tra i primi riscontri



Carissimo Luigi,
ho appena rivisto" La compagna di classe". E ancora una volta ho pianto! Mi hanno commosso la  delicatezza dei dialoghi, le voci incatenate e la bravura  dei protagonisti. È un lavoro meraviglioso, drammaticamente  profondo, pieno di poesia, un condensato di emozioni.
La fotografia e la musica  perfette. Creano tensione, atmosfera, attesa. Alto livello, davvero!  Ha grande spessore, ci ho trovato anche tanta filosofia( il tema della morte, il tempo, l'amore...). Originalissima la conclusione e anche la cura dei particolari, dallo strofinaccio appoggiato sulla sedia in cucina, alla collana di Adele. E poi il vostro lavoro cattura. Cattura dall'inizio, incanta. Ha un potere magico di totale rapimento. Mille Complimenti a tutti!


 "La compagna di classe"  è entrata nella mia anima e vi rimarrà per sempre, con lo stupore luminoso delle onde.

La fotografia de “La compagna di classe” lascia stupiti per l’attenzione e la cura che chi ci ha lavorato ha messo in ogni inquadratura. Particolarmente bravi anche gli attori, che riescono a trasmettere emozioni e stati d’animo dei loro personaggi con una disinvoltura oggettivamente rara per i circuiti di questo livello.

È un lavoro molto interessante dove si cerca di esprimere l' inesprimibile. Certamente non è facile l' argomento e la lentezza a volte è eccessiva. Gli attori sono molto bravi e la fotografia molto buona unitamente alla musica. Comunque mi sembra un buon lavoro. Complimenti!

Davvero intensa l'interpretazione del protagonista. Mirabili i dialoghi.
Film molto difficile. Come potrei farlo vedere, condividere con chi non ha il tatto? L'ho gustato da sola, in un'ora di silenzio. Lo definirei un poema filmico, perché è la parola che danza con l'immagine. Le tue parole, il tuo stile.
Molto belle le musiche. Perfette. 

Sono ancora in subbuglio. L'ho appena finito di vedere, ti scrivo di getto, emozionata. E' bellissimo, la delicatezza...Gli attori bravissimi, il protagonista naturalmente in primis, capace di non svilire la poesia delle frasi ricercate. Le loro voci. Complimenti, Luigi, per la sceneggiatura. Ti ci ho rivisto completamente. Tutte le tue ombre, tutte le sfumature d'azzurro che ho sempre letto nei tuoi testi, ci sei pienamente. Si intuisce la cura per ogni piccola curvatura. Tu e Fabrizio avete realizzato un piccolo gioiello. Ora è tempo che possa brillare di luce propria.  Lo farà di certo!Bravo, bravo, bravo!

Caro Luigi, ho visto finalmente il film. Bravo, bravi: mi sembra veramente un bel prodotto. Belle anche le musiche dell' ottimo Giacomo.

"La compagna di classe" mi è piaciuto molto.La prima cosa che ho pensato è stata che gli attori erano bravissimi: belle le intenzioni espresse con le voci e con il volto, i modi. Bravo chi li ha diretti e bravi loro. Il pensiero appresso è stato che dovete aver lavorato tutti una valanga di tempo per un risultato così coinvolgente. Quello che mi lascia agitata (in senso buono) ed elettrizzata dopo averlo visto è che, pur essendo triste per molti versi, questa storia mi ha tenuto quasi un’ora su una sensazione di poesia pazzesca. I dialoghi tra i due al telefono sono una bomba. Il crescendo è buono. Fa venire voglia di sentirli parlare per un’altra ora di seguito, di andare a leggere quello che leggono loro, di aprire un libro di poesie, di vederli/sentirli sorridere ancora.  E devo dire che mi è capitato raramente di vedere un film che mi facesse sentire come un libro. Di solito la pellicola appiana la profondità che la lettura mi permette di raggiungere in meno di uno schioccare di dita. Qua quasi quasi era il contrario e la sensazione alla fine della storia era che fossero trascorsi solo pochi minuti.
Ho visto "La compagna di classe" e l'ho trovato molto interessante. Mi è piaciuta l'idea particolare, la storia e come è stata rappresentata...complimenti a tutti! Bel lavoro! Fatemi sapere se avrà degli sviluppi prossimi....ve lo auguro di cuore!
Il vostro impegno e' stato enorme. Si vedono e si sentono i risultati di tutto il vostro lavoro. Spero che questo film sia riconosciuto da altri e che vi spinga a continuare il vostro percorso con la vostra grande e forte passione.
Devo dire che le sensazioni sono state molteplici, ciascuna con una componente diversa. Sicuramente all'interno de "La compagna di classe" ci sono delle strategie di fotografia, di sceneggiatura che hanno fatto sì che provassi sensazioni così diverse. Ho provato, per esempio, la malinconia e il dolore, da un lato e dall'altra parte sensazioni positive come la rinascita, la ripresa. Come quando Nik si illuminava all'idea di poter incontrare Adele, dove ho provato un senso pieno di rinascita. Ho trovato il tutto anche molto arioso, perché sembrava davvero di sentire le parole di un libro, con lo stesso fascino di quando si legge e ciascuno immagina le scene come meglio crede. La stessa sensazione che ho provato nell'ascoltare e nel vedere quei dialoghi. La mia mente se ne andava liberamente, in tutti i lidi che riteneva più opportuni, proprio come se si colorassero e prendessero forma le righe di un libro...
Il lavoro e'venuto bene. Effettivamente credo sia molto valido; ne sono contenta.

Per lunghi giorni, dopo aver visto il film, mi è riuscito impossibile scrivere delle mie emozioni. Ancora adesso mi risulta difficile tradurre in parole il carico sentimentale che questo racconto porta con sé; ma anche nel film il sentiero delle immagini, delle situazioni e persino delle sospensioni credo conduca più lontano delle parole dette.
Il film è di una bellezza devastante, squarcia l'anima. 











lunedì 9 maggio 2016

"La compagna di classe" su IMDb


 Il film  "La compagna di classe" da oggi è incluso all'interno dell'Internet Movie DataBase (IMDb).





























"Cronaca familiare", di Valerio Zurlini (1962)

Estratto di "Cronaca familiare", un film di Valerio Zurlini davvero incantevole, con musiche di Goffredo Petrassi. Tratto dal romanzo ononimo di Vasco Pratolini, sceneggiato da Mario Missiroli e Valerio Zurlini.

domenica 1 maggio 2016

Pioggia di maggio


Il rumore della pioggia, a inizio maggio, scandisce una dimensione di tempo diversa. Ha una sua esclusiva nel sancire una regola antica e monastica, nel condizionare la luce in un suo carcere, così come la vista degli alberi e della vecchia villa delle suore che ho di fronte. Ha una sua quasi impenetrabile invisibilità. Si percepisce l'infittirsi del suono più che il velo d'acqua dello scroscio, o quanto meno i due elementi percettivi non sono proporzionati l'uno all'altro. Solo quando zampilla sui marmi dei balconi, sulle ringhiere, allora si vede da dove provenga quel suono, familiare ma nello stesso tempo un po' selvatico e minaccioso. Un suono che rende visibile l'invisibile, o il quasi invisibile di me. 
A quest'ora di maggio questo piovasco sembra davvero una pagina di concerto. Con una sua accordatura perfetta, implacabile, alla quale nessuno potrà sottrarsi. Il dominio di un fenomeno atmosferico è fatto di mutamenti e di modulazioni lontane. Adesso, per esempio, sembra già sera. Anche in queste mie parole, che scorrono e un po' faticano come lo scroscio, si avverte una luce sfatta di qualcosa di fioco, sul punto di spegnersi, di lacerarsi, che è molto simile all'approssimarsi della sera, sulle case, sulle strade, come negli animi di chi è sceso senza ombrello o soltanto senza un amore. 
Che cosa avrei mai scritto se questa domenica fosse cominciata nel sole pieno? Forse nulla, forse sarei già in strada, con l'aria del mattino in faccia. Non credo che avrei parlato del silenzio del sole. La pioggia, rispetto al sole e al sereno, ha una sua polidimensionalità, che permette di assuefarsi e un po' di perdersi nel suo regime. Il bel tempo sarà forse meno traducibile o meno interessante, soprattutto di maggio, poi. Una giornata di sole pieno di maggio, sarebbe stata perfettamente accordata e in ordine rispetto a certe regole, certe convenzioni o abitudini. Un maggio che comincia dentro l'acqua, rimane una piccola trasgressione, qualcosa di clandestino sui cui riflettere, polemizzare. Adesso l'acqua si è fatta molto più visibile, ma c'è anche molta più luce, come se all'infittirsi dell'acqua si sia accompagnata una schiarita. O forse sarà stata la schiarita a rendere più visibile la pioggia? Tutto continua, indisturbato. Anche queste mie parole, stanno scendendo come la pioggia che ho di fronte, con il suono delle mie dita, che nessuno vede mentre le parole si costringono in un loro impossibile senso. Questa pioggia che mi ha fatto ricolmare questo post, è qualcosa di vivo, che mi parla e che ha un suo senso. Un senso profondo, molto più profondo della mia pioggia, di quella che sto scorrendo con la mia volontà. Eppure ho cominciato a piovere questi pensieri, ogni tanto guardando fuori e cercando di misurare dei punti di contatto, tra quello che sto pensando e trasmettendo e quello che vedo, e che in qualche modo mi guarda. Tutto quello che ho avuto dinnanzi, dalla finestra di questa camera dalla quale sto scrivendo, mi ha sempre guardato e mi ha sempre risposto per tempo allo sguardo che vi ho dedicato e inflitto. Come se anche questa pioggia in questo momento scendesse per vedere cosa accade dentro le finestre accese delle case, in un primo giorno di maggio, alle otto e mezza di una domenica mattina. La pioggia non è una cosa, ma non è nemmeno qualcosa di vivo, come potrebbe esserlo un cane, una pianta o un uccello. Eppure sento che in questo momento questa discesa di pioggia mi stia guardando e stia entrando nei miei pensieri, allo stesso modo di come avrebbero fatto lo sguardo triste di un cane, il movimento di una foglia o il canto di una capinera. La vita entra nelle cose o nelle persone o situazioni che crediamo meno vive, a volte vi rimane e ci fa più vivi e più consapevoli di cosa sia la vita, quella che sentiamo e che cerchiamo a volte di dire, di comunicare altrove. Adesso che scrivo della vita, guardando ogni tanto la pioggia che cade, mi sento più calmo e sensibile, ma nello stesso tempo più fragile e più lontano. Come se quello che stessi esprimendo, nonostante la nebbia e il suo caos, sia una parte pulsante e controversa di me, che batte su questa pagina come l'acqua sulla ringhiera del balconcino di fronte. Questi miei pensieri rimarranno sospesi, in questa domenica mattina, senza un luogo preciso e definito, se non questa luce d'acqua e questo grigio o il filo nudo del bucato, che per qualche istante mi hanno ricordato un po' il sole, il fatto che oggi non ci sia. Adesso la pioggia è diminuita, sia il suo suono che la sua luce. Anche le mie parole stanno diminuendo e sbandando insieme a lei. Ma forse la pioggia è molto più vicina a qualcosa di vivo che a qualcosa di non vivo. Rispetto a un pettine o a un bottone, la pioggia è molto più vicina a un cane, a un albero, a un uccello. 
Credo che abbia una sua anima, disordinata e umida, ma in qualche modo parlante. Anche nella costrizione di una clausura o di un impedimento alla mia giornata, questo filo d'acqua mi riporta al sentirmi vivo e partecipe e forse complice di questi istanti perduti al mondo, con le mie poche parole, la mia storia, i miei sogni, che sento mi stiano ancora guardando, come i due piccioni di fronte, che si tengono riparati e vicini su di una caldaia a gas.
l.s.