Ultimo giorno di agosto.
Dal punto in cui mi trovo adesso, un alternarsi di grandi chiari celesti e di vento, che mi toccano la mano mentre scrivo. Vedo la campagna e colgo ancora qualche suono, poco lontano.
Tra qualche istante concluderò una revisione piuttosto complessa, con delle varianti che non mi aspettavo di inserire. La chiudo in coincidenza di chiusura di mese, e con questa luce così vasta e particolare, non sarà nemmeno un caso.
Una giornata del genere sarebbe tutta da cantare, dal primo all'ultimo minuto, e non da misurare. Una giornata in cui, forse, ci sarebbe qualcosa da aprire, da inaugurare, e non soltanto da chiudere. Eppure arriva puntuale la malattia di un resoconto. La fine di un mese e di un lavoro di scrittura, come idea o istigazione per un altro inizio, o un passaggio diverso. Continuo a sentirmi oscillante nei mutamenti. Tra le aperture e le chiusure di mesi e di sfondi cupi o più chiari, c'è sempre qualcosa che cambia e che muore di me. Qualcosa che perdo, che mi lascia la presa, all'ultimo istante.
Seguire la rotta di quello che si vuole o che si crede di volere, scrivendo - ma non solo- o tentando di farlo, in diversi casi porta in direzioni diverse. In luoghi che non credevo. In mesi non iniziati e non finiti.
Sarebbe bello cominciare un settembre in cui alla volontà di fare o di richiedere azioni alla mia macchina calda, ci si affidi ad altre combinazioni, ad altri ascolti e impulsi, anche se forse non si cominceranno o non si finiranno mai, ma dove ci si potrebbe ritrovare sorpresi da qualcosa di altro, di più piccolo, ma forse di più buono, rispetto a quello che si voleva e che si cercava di troppo grande.
Quanta affidabilità mi darà quel qualcosa che penso di volere o di raggiungere? Quanto davvero mi appartiene e non mi tiene invece nel suo pugno? Quanto sarà così più importante di qualcosa di più leggero e silenzioso, di qualcosa che ha spinto di meno e che non avrò colto per tempo?
Varrà davvero questo la mia vita? Quanto qualcosa di ottenuto e di raggiunto dopo averlo cercato e voluto, senza nemmeno saperlo o capirlo? Sarà questo il recinto per cinghiali del mio linguaggio o il mio palazzo reale, illuminato a giorno? O quanto resisterà al tempo l'impulso arrogante dei miei programmi, delle mie certezze; la loro mascella selvatica serrata dentro il mio braccio abbronzato?
Quanta affidabilità mi darà quel qualcosa che penso di volere o di raggiungere? Quanto davvero mi appartiene e non mi tiene invece nel suo pugno? Quanto sarà così più importante di qualcosa di più leggero e silenzioso, di qualcosa che ha spinto di meno e che non avrò colto per tempo?
Varrà davvero questo la mia vita? Quanto qualcosa di ottenuto e di raggiunto dopo averlo cercato e voluto, senza nemmeno saperlo o capirlo? Sarà questo il recinto per cinghiali del mio linguaggio o il mio palazzo reale, illuminato a giorno? O quanto resisterà al tempo l'impulso arrogante dei miei programmi, delle mie certezze; la loro mascella selvatica serrata dentro il mio braccio abbronzato?
In questo momento sta arrivando un odore di caffè, credo appena fatto.
Buona giornata di fine mese e di grandi chiari...