giovedì 28 novembre 2013

DEMIAN Stagione 2: Davide Tarò e Luigi Salerno



martedì 26 novembre 2013

Sara Di Carlo intervista Luigi Salerno e Fabrizio Fiore:

Su Metropolitain girl: un'intervista della giornalista, scrittrice e fotografa Sara Di Carlo ai due ideatori del circuito Noctefilm, Luigi Salerno e Fabrizio Fiore.

venerdì 22 novembre 2013

"A lunch break romance" and "10 am Margarita", by Danny Sangra:

A Lunch Break Romance from Danny Sangra on Vimeo.

10am Margarita from Danny Sangra on Vimeo

Un estratto da "Perturbamento" di Thomas Bernhard:






Scelgo questo estratto per quanto mi abbia colpito e irretito, fin dalla sua prima lettura, così come tutto l'intero affresco dal quale è stato scelto. Un lavoro dolorosamente misterioso, e insisto con l'avverbio, dolorosamente, anche se può sembrare invasivo, intriso di lontananza, ingombrante e poco lineare: dolorosamente misterioso: ma non riesco a trovare altre parole per scrivere o descrivere di quello che ho provato e che ancora provo, di fronte alla circuizione più pura e assoluta che riesce a mietere questa sacca di angoscia.
A voi:

"Quando era bambino la nonna lo aveva portato con sé a raccogliere more in un bosco fitto, dove i due si erano completamente smarriti. Avevano continuato a cercare un modo per uscire dal bosco, ma non ci erano riusciti. Ad un tratto si era fatto buio, senza che loro avessero ancora trovato una via d'uscita. Continuavano a camminare nella direzione sbagliata. Infine i due, nonna e nipote, si erano accovacciati in un fosso e avevano passato la notte così, con i corpi stretti uno contro l'altro. Anche il giorno seguente non erano stati capaci di uscire dal bosco e anche la seconda notte l'avevano passata in un altro fosso. Soltanto nel pomeriggio del terzo giorno, avevano trovato una via d'uscita, sia pure in direzione opposta rispetto a Salla, il loro paese.
Completamente sfiniti, erano riusciti a raggiungere la casa più vicina, una casa di contadini.
Da questa avventura, che aveva portato la nonna rapidamente alla morte, il nipotino, che a quell'epoca non aveva ancora sei anni, era stato rovinato per sempre."

Thomas Bernhard dal romanzo "Perturbamento"

giovedì 21 novembre 2013

Chi si mette in gioco:


Chi si mette in gioco in parte si mette anche in giogo. Lo scegliere di tracciare anche un solo rigo, è come disporre una tavola imbandita sull'orlo di un abisso, dove ceni al buio e sul tardi, e qualcuno da una finestra sporca ti guarda. 
Una ragazzina sogna di soffocare nella sua stessa treccia, perché i suoi nonni non vogliono che sciolga più i capelli nel sonno, per una sorda superstizione.
Il tramonto cola di vomito sulle grandi campagne.
Un gruppo di ragazzini, si vanta di avere intravisto e poi palpato le mutandine nere di una cameriera zoppa, durante un suo momento di abbandono per un capogiro – o forse uno sgambetto: qualcuno di loro le ha impugnato l'orlo di una gonna con i denti, minacciandole il viso rugoso, i capelli e gli occhi  storti con l'accendino. (Un genitore di uno dei minori, soddisfatto,  racconta della sporca impresa al suo vicino).
Una ballerina si abbassa per allacciarsi una scarpetta al polpaccio, quando arrossa una sola guancia, accennando appena lo sguardo di streghina verso l'alto. Le luci si spengono in ritardo.
Un branco di cani, poco più avanti, squarcia una gallina.
I libri antichi schioccano come spighe, mentre i topi sbrillano e accordano i liuti sulle loro rovine.
Chi si mette in giogo in parte si mette anche in gioco.
In questo strano tempo, scriversi addosso è come farsi sotto: o è come dirsi di essere Napoleone Bonaparte: o sentirsi assonnare sul collo calmo di Dio...
Ingoiare una treccia rediviviva, nel sonno pieno, ed incontrare in un cantuccio il veliero della morte.
Per bruciare vivo, in un casale di fieno, dove non ci sono più porte.

sabato 16 novembre 2013

In un movente creativo


In un movente creativo, si attinge quasi sempre da uno stadio di effervescenza dei processi più comuni e rassicuranti di pensiero, oltre i quali si profila il buio oltre lo steccato.
Il valore di questo balzo arduo e complesso, in diversi casi rappresenta già una forma di valore e di giustificazione alla stasi rassicurante del tacere e della pace di chi tace. Il resto potrebbe essere del tutto relativo, non determinante per la completezza misteriosa di questo stadio di evidente alterazione.
Se durante lo svolgimento di un processo creativo la mia attenzione è rivolta al tipo di ascolto, di consenso, di effetto/affetto che il mio lavoro potrebbe o meno suscitare, lo avrò già tradito e accoltellato in partenza e avrò perso per sempre il flusso atonale di quell'effervescenza, e in automatico abbassato le luci in tutte le stanze del mio trauma.
Non riesco a dare spazio logico a quello che sia giusto fare: in un movente creativo, almeno nelle primissime fasi di formazione di un primo concetto, non devo permettere altre interferenze che siano estranee allo zampillo primitivo, a quel grande letto da disfare dopo una notte di incubi o di grandi giochi o amori clandestini.
L'attenzione scrupolosa, in quella prima fase di rottura del silenzio, alla densa rosa di estimatori o possibili aguzzini che incroceranno mai il mio operato, non farà altro che paralizzare la generosità selvatica di quel getto primo, impedirmi l'indispensabile allontanamento dal tipo di mero e rassicurante ragionamento solito, quello che uso per contare il resto quando compro, per comunicare con un consulente, per prenotare una stanza d'hotel, un posto in treno, un tavolo di ristorante.
La sfera intima di un processo creativo va protetta e non eletta per essere presentata a corte. Mi auguro di imbattermi in territori sempre più boschivi e intrecciati, quando scelgo di rompere il silenzio, che non mi lascino il tempo per altro se non di subirli nel loro sublime spavento, o nella loro razzia e spasmo raggelante di solitudine. È soltanto lì che brilla la mia libertà.

sabato 9 novembre 2013

Notte


Questo silenzio della notte, questo di adesso di cui posso scrivere perché lo avverto presente, ha il peso di un pugile nella gola e ride dentro la mia stanza come in una vagina. Il lume acceso sul tavolo è ordinato da questo silenzio. Così le penne e le matite. L'iPod. Così le pareti, l'odore familiare della mia casa, della mia cena, delle mie tende appena smosse.
Questo silenzio rimane puro dei suoi contenuti, di quello che è stato già detto prima e che sarà squillato poi. Non ha grammatica, talenti, fascinazioni semantiche, deserti, dirupi, confini, errori. Occupa una sua zona stabile e insondabile dove siedo. Gusto questa pace tombale di oceano, intatta di latte e di anime nere, di luci rosa e verdi, di candelabri, di cinema all'aperto. Dentro l'assenza di suono vorticano i miei ricordi come spettri. Senza parole si respira lo stesso. Si annega senza un fondo. Se ogni mia parola brillasse di questa rotondità, avrei l'esattezza dei 440 hertz, quando scocca il nucleo dell'accordo perfetto. Il cluster del pendolo di mezzanotte, che dopo anni riprende per incanto a funzionare, senza che nessun braccio al mondo abbia mai frugato nel suo confessionale o sportellino di sagrestia, dove è riposto il topo del suo cuore.
Ho sentito un clacson: un accompagnamento tardivo di una coppia di fidanzati tristi del venerdì. La sento scendere dall'auto, sepolta dal sonno, con la gonna stropicciata  e sporca di gelato. Lui la guarda incedere verso il portone. Aspetta che si giri, mentre lei apre una mano a fatica; l'altro sputa una gomma e fa manovra. Il motore si allontana, come la paura della luna e le mani addosso.
Ritorna la pace di poco prima, senza motori. Il silenzio è appiccicoso di gomma americana, come le parole e la ribellione di dire e di tacere. Le scarpe alte e infelici di un primo sabato allontanano i fantasmi nella cenere. La notte risale alla gola a frantumi. Zoppica.

domenica 3 novembre 2013

Ascenseur pour l'èchafaud: